Tre milioni di euro, nei prossimi sette anni, destinate alle famiglie umbre per aiutare chi ha in casa un soggetto bisognoso di cure ma non può occuparsene a tempo pieno. Si chiama “Family helper” ed è un elenco regionale costituito da soggetti formati disponibili ad offrire servizi di cura e sostegno educativo alle famiglie, nonché la concessione di contributi sotto forma di “Buoni Inps”. L’assessorato al Welfare della Regione ha reperito le risorse all’interno del quadro programmatorio del Por Fse Umbria 2014-2020.

Buoni lavori per badanti certificati «Dopo l’avvio nell’agosto 2011 del progetto sperimentale ‘Family help’ promosso dalla Regione – spiega l’assessore Luca Barberini – nel Bollettino ufficiale della Regione è stato pubblicato l’avviso per la costituzione dell’elenco regionale ‘Family helper’, costituito da soggetti selezionati in base al possesso dei requisiti di ammissione. L’azione sarà rafforzata con la pubblicazione entro il mese di settembre di un avviso pubblico per la concessione di un contributo sotto forma di buoni lavoro Inps, ciascuno del valore di 10 euro, da destinare alle persone con carico di cura, coadiuvate dall’helper e spendibili solo ed esclusivamente per retribuire le prestazioni fornite dagli iscritti nell’elenco regionale sotto forma di lavoro accessorio e non continuativo».

A chi è destinato l’aiuto L’assessore, forte dei risultati della sperimentazione, individua i potenziali beneficiari del sostegno nei «nuclei con a carico persone anziani o con disabilità o bimbi piccoli, oppure alle donne sole con a carico anziani e bambini. Spesso – dice Barberini – per questo tipo di prestazioni ci si rivolge in forma privata a persone non debitamente formate che, nella maggior parte dei casi, lavorano in nero».

Cosa faranno I Family helper dovranno fornire supporto nella cura dei bambini e dei ragazzi, fra cui l’accompagnamento a scuola o nelle attività extra-scolastiche, oppure aiutarli nello svolgimento dei compiti scolastici. Ma anche in caso di bisogno garantire un appoggio nell’espletamento di attività domestiche, nello svolgimento delle diverse attività quotidiane, con esclusione delle prestazioni specialistiche di ogni tipo in campo educativo, sociale e sanitario. «In pratica – precisa l’assessore – abbiamo voluto permettere, in particolar modo alle donne che non hanno un reddito elevato, di coniugare il diritto al lavoro con il lavoro di cura familiare».

Corsi per Family helper L’avviso per l’iscrizione nell’elenco regionale Family helper sarà aperto fino al 30 giugno 2019: l’iscrizione è subordinata al possesso di una serie di requisiti ed è previsto un percorso formativo a carattere obbligatorio rivolto unicamente a coloro che dimostrano di aver assolto all’obbligo scolastico, di aver svolto regolari esperienze pregresse di lavoro nelle aree socio-educativa e/o socio-assistenziale per almeno sei mesi, anche non continuative, nell’ultimo decennio, o di prestazione di servizio civile nazionale. Il percorso formativo è previsto per le prime 200 persone che ne fanno richiesta ed è realizzato dalla Regione per 20 persone per sessione con almeno un’edizione concorsuale ogni 6 mesi, per un numero massimo di 10 sessioni le cui date saranno comunicate ai destinatari dei corsi in tempo utile a permetterne la frequenza. La partecipazione al percorso è gratuita e si concluderà con il rilascio di un attestato di frequenza a cura del soggetto formatore e che costituisce titolo per l’iscrizione all’elenco entro 30 giorni dal rilascio dell’attestato stesso.

Domande La domanda può essere presentata a partire dalla data di pubblicazione dell’Avviso sul Bollettino Ufficiale Regione Umbria sul canale Bandi del sito istituzionale regionale (www.regione.umbria.it) e alla pagina http://www.regione.umbria.it/sociale, attraverso una procedura telematica, che sarà attivata alle ore 14 del giorno stesso, preceduta da una registrazione sul sistema informatico per l’autenticazione sul sistema Fed-Umbria.

Cgil boccia la misura La misura, però, non piace per niente alla Cgil. Secondo il segretario regionale, Vincenzo Sgalla, «si scrive “Family helper” ma si legge voucher, parola anch’essa inglese, ma che di accattivante ormai ha ben poco, essendo divenuta in fretta sinonimo di sfruttamento legalizzato del lavoro». «La Regione Umbria – prosegue Sgalla – decide, in assolta solitudine, di introdurre un sistema pubblico di incentivazione all’uso dei voucher, per retribuire badanti, assistenti domestiche, colf e babysitter. Quindi sostanzialmente donne. Una scelta incomprensibile e inaccettabile, in un momento in cui anche lo stesso governo sta ragionando sulla possibilità di porre un freno al dilagare di questo strumento, che contribuisce a precarizzare e indebolire ulteriormente il lavoro».

Boom di voucher Nei primi 4 mesi dell’anno in Umbria sono stati venduti oltre 730 mila buoni, ovvero il 42% in più rispetto al 2015 e il 70% in più rispetto al 2014. «Una vera esplosione – secondo Sgalla – di questa forma estrema di sfruttamento del lavoro, contro la quale come Cgil abbiamo da tempo avviato una battaglia che ci ha portati a raccogliere oltre 1,1 milioni di firme in Italia e oltre 20 mila in Umbria per indire un referendum che abolisca questa forma di sfruttamento legalizzato. Insomma, dopo mesi di scontro politico del tutto incomprensibile ai cittadini umbri e per altro sostanzialmente inutile, la montagna ha partorito i voucher. Nessun confronto con le parti sociali, nessuna discussione politica aperta ai cittadini, ma 3 milioni di euro di risorse pubbliche per incentivare un ulteriore allargamento del super-precariato che i voucher rappresentano. Chiediamo un incontro urgente al neo assessore Barberini – conclude il segretario Cgil – per poter argomentare in quella sede come i voucher, non solo non sono l’antidoto al lavoro nero, ma sono al contrario lo strumento con cui vengono ricattati tanti ragazzi e ragazze (e non solo), in cerca di una occupazione».

L’assessore risponde «Nessuna spinta da parte della Regione Umbria alla precarizzazione del lavoro, ma al contrario, un intervento e un sostegno in più, tra tanti altri strutturati, che va incontro alle esigenze delle famiglie umbre»: l’assessore regionale Barberini, risponde così alle critiche di Sgalla. «Con Family help – aggiunge – non si toglie nulla ai servizi tradizionali che il sistema pubblico offre, ma l’iniziativa, già sperimentata a livello regionale e che rientra in una programmazione condivisa finanziata con risorse europee, si va ad aggiungere a tante altre avviate dalla Regione. Ci tengo ad evidenziare ancora che la Regione non precarizza il lavoro, ma rende trasparente una procedura tra privati che nella ‘normalità’ purtroppo, come i sindacati sapranno, avviene spesso in ‘nero’. Auspico che la Cgil su questa iniziativa possa rivedere la sua opinione, da parte della Regione c’è ampia disponibilità al confronto, così come siamo aperti ad accogliere i suggerimenti che vengono dalle parti sociali che operano sul territorio».

Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

Accettiamo pagamenti tramite carta di credito o Bonifico SEPA. Per donare inserisci l’importo, clicca il bottone Dona, scegli una modalità di pagamento e completa la procedura fornendo i dati richiesti.