di Daniele Bovi

È un quadro congiunturale in cui «prevalgono i toni del grigio» quello presentato mercoledì da Banca d’Italia a proposito dell’economia umbra. Nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella sede della filiale di Perugia, l’istituto ha sottolineato che nel 2023 è proseguita la fase di «progressivo indebolimento» dell’attività economica umbra in atto dalla metà dello scorso anno.

Forte rallentamento In base all’indicatore trimestrale dell’economia regionale nel primo semestre il prodotto è cresciuto dell’1,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022, in linea con il dato italiano ma in forte rallentamento. L’indicatore coincidente Regiocoin-Umbria, introdotto per la prima volta in questa occasione e che fornisce in modo tempestivo, attraverso l’analisi di 90 indicatori, una stima dell’evoluzione delle componenti di fondo dell’economia regionale, mostra poi un peggioramento a partire dal mese di marzo e nella fase più recente è divenuto negativo.

I dati Per tutto il 2023 Bankitalia parla di una crescita in Umbria inferiore all’1,3 per cento. In compenso, alcuni elementi di fondo sembrano essere mutati rispetto al passato. Rispondendo alle domande dei giornalisti gli economisti della filiale perugina a proposito delle possibili linee di tendenza per il 2024 hanno spiegato che «l’Umbria replica ormai abbastanza fedelmente l’andamento nazionale». Sembra essersi rotto quindi quel meccanismo per il quale quando l’Italia rallenta in Umbria gli effetti della recessione sono ancora più pesanti, mentre in una fase espansiva la crescita nel Cuore verde risulta più modesta. «L’Umbria – è stato detto – sta tenendo bene il passo e questo è un dato non scontato; in generale si comporta meglio rispetto al passato anche se le debolezze strutturali rimangono». «Il sistema produttivo umbro – è stato spiegato mercoledì – è più solido rispetto al 2008, quando si era fatto travolgere dalla crisi. Le imprese mostrano un’ottima capacità di tenuta».

Aspettative Per il momento però «in questo periodo delicato e incerto» le aspettative di breve periodo degli operatori economici regionali sono orientate perlopiù, complici le tensioni geopolitiche, al pessimismo. I rialzi dei tassi di interesse decisi per combattere l’inflazione in linea con gli obiettivi (in Umbria nel 2023 i prezzi sono cresciuti del 5,9 per cento, più della media nazionale) porteranno a un calo del 10 per cento degli investimenti da parte delle imprese. A soffrire sono anche le esportazioni: dopo un biennio di forte espansione, nei primi sei mesi sono calate dello 0,9 per cento dato il «marcato» calo registrato nel settore dei metalli (che pesa molto sul dato complessivo), a fronte della crescita ancora sostenuta delle vendite di abbigliamento e meccanica. Al netto dei metalli, la crescita è stata del 2,4 per cento.

I settori L’edilizia è l’unico settore «in cui c’è ottimismo» nonostante una crescita meno marcata nell’ultimo biennio, una forte riduzione degli interventi legati al Superbonus e un calo della compravendita di abitazioni. Su questo fronte sarà fondamentale attuare il Pnrr per «dare impulso significativo per colmare i gap esistenti e per ridare uno slancio significativo all’economia». Al momento sono stati assegnati 1,8 miliardi all’Umbria, con i Comuni che hanno avviato gare pari ai due terzi delle risorse. Il turismo si conferma invece «un comparto trainante» per l’economia umbra grazie «all’ulteriore robusto incremento delle presenze (del 9,6 per cento nei primi nove mesi, più della media nazionale) sia di italiani sia di stranieri». La crescita è stata più forte soprattutto per questi ultimi e si riverbera anche sul mercato del lavoro grazie però a contratti a tempo determinato.

I numeri Questo accade in una regione dove il tasso di occupazione ha raggiunto il 66,4 per cento (dal 64,7 del primo semestre del 2022). Tra gli altri dati proposti quello sulle vendite del settore industriale che nei primi nove mesi del 2023 hanno evidenziato una “modesta” crescita. Secondo la Banca d’Italia l’attività ha perso vigore in relazione alla debolezza della domanda sia interna sia estera, che si è riflessa anche sul clima di fiducia delle imprese. Secondo lo studio, poi, nonostante il rallentamento dell’inflazione rispetto ai massimi dello scorso anno, il potere di acquisto delle famiglie ha continuato a essere eroso, specialmente in una regione dove gli stipendi continuano a essere inferiori alla media nazionale. Un rallentamento dei consumi che ha impattato negativamente anche sul commercio.

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