Dai finanziamenti alla politica alla sicurezza di Terni e alle ‘scenette’ del sindaco Stefano Bandecchi fino all’imprenditore umbro Francesco Polidori e il suo sistema di società a ‘scatole cinesi’. Queste alcune delle tematiche della puntata di ‘Report’ in onda domenica sera su Rai Tre. La trasmissione è tornata ad occuparsi del primo cittadino della Conca e della sua università. Focus anche sul fondatore di Cepu protagonista, qualche settimana fa, di un’inchiesta di ‘La Repubblica’.

Sicurezza e università «Terni a livello di criminalità fa schifo. Ancora oggi non riusciamo a bloccare il fenomeno di spaccio di droga», spiega il primo cittadino Stefano Bandecchi. Anche se in realtà, come fa notare il giornalista di ‘Report’, nella classifica sulla criminalità del 2023, Terni è 58esima su 106 province. Ma presto l’attenzione si sposta tutta sulle università telematiche e, in particolare, a quella fondata da Bandecchi. Ente che, secondo quanto riportato da Sigfrido Ranucci, avrebbe finanziato il mondo della politica per 500mila euro così divisi: 150mila li avrebbe destinati a Forza Italia, 100mila invece ad Antonio Tajani, 80mila a Angelo Ciocca, 30mila a Luigi Di Maio e 30mila a Maria Elena Boschi. «E poi in politica ci è sceso direttamente lui», commenta Ranucci. Il problema, come sottolineato in ‘Report’, è che «i soldi non sono di Bandecchi, ma dell’Università Niccolò Cusano».

Caso Polidori  Ma di aziende, o meglio di atenei telematici, che finanziano partiti ce ne sono. Ad esempio la Lega ha ricevuto 160mila euro di finanziamenti dal fondatore di Cepu, Francesco Polidori, patron anche delle altre telematiche E-campus e Link. L’imprenditore umbro, tra i primi ad intuire il potenziale economico delle università telematiche, che nel 2021 è finito ai domiciliari per bancarotta fraudolenta, autoriciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte per una stima di 170 milioni.

Sistema ‘scatola cinese’ Il quadro che emerge dai conti delle società riconducibili a Polidori appare più o meno così: «Contributi non versati ai dipendenti, incassava l’iva e non la pagava, non versava le ritenute e tutto questo denaro, che non era suo, lo incassava e poi lo faceva uscire in altro modo», come spiega nella trasmissione Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia. «La società non pagava imposte ed arrivava a un livello tale che a un certo punto lo beccavano. Così cosa faceva? Tirava fuori dalla società questa azienda di ‘lezioni private’ e la cedeva a un’altra società. La prima quindi veniva dichiarata fallita, mentre la seconda faceva esattamente la stessa cosa. Arrivando a 170 milioni di imposte non versate». Un sistema di ‘scatole cinesi’ che è andato avanti per vent’anni. Oggi all’imprenditore umbro sono stati sequestrati 28 milioni di euro tra beni mobili e immobili, «perché secondo i magistrati – spiega il conduttore di ‘Report’ – avrebbe preso in prestito, senza restituirli, 14 milioni di euro e si sarebbe affidato anche 9 milioni di euro di consulenze». E nel frattempo alcuni ex dipendenti, pur avendo vinto una vertenza per ‘avere indietro’ i contributi mai versati, ancora non hanno visto un centesimo.

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