di Enzo Beretta
Nella borsa di Chiara Casaglia non mancano mai due oggetti: il Codice penale e i parastinchi. Il Codice perché è un avvocato, i parastinchi perché è una giocatrice di calcio a cinque femminile. Quest’anno con la maglia numero 8 del Castaldo ha segnato 29 gol nel torneo Uisp, capocannoniere del suo team e del campionato. Grazie alle reti del capitano è stato centrato l’obiettivo promozione in eccellenza.
Il gol è il tuo mestiere.
«Il calcio è innanzitutto un divertimento. Quest’anno il mister mi ha cambiato ruolo e da centrocampista laterale sono diventata centravanti».
Con discreti risultati. Secondo te qual è la miglior qualità e il peggior difetto del bomber Chiara Casaglia?
«Sono egoista, quando mi arriva la palla e vedo la porta non la passo quasi mai alle mie compagne perché l’istinto mi suggerisce di tirare».
Non hai risposto alla prima domanda: la miglior qualità…
«E’ che il più delle volte faccio gol…».
Una curiosità: da piccola giocavi con le bambole o facevi cose da maschiaccio?
«Guardavo Holly e Benji…».
Preferisci Oliver Hutton o Mark Lenders?
«Holly».
Avrei scommesso il contrario…
«Mark forse è più bello ma Holly risolve le partite…»
Mi viene in mente un altro numero 10 che risolve le partite.
«Anche a me. Infatti Francesco Totti rappresenta la massima espressione di calciatore».
Quando nasce la tua passione per il calcio?
«Amo tutti gli sport e ho iniziato a praticarlo dai tempi del liceo».
Senza mai smettere?
«Per un paio d’anni ho giocato a basket ma preferisco tirare coi piedi. E’ la mia passione. Nel 2014 ho rotto il crociato: un’avversaria mi è piombata addosso mentre aspettavo di battere una punizione e il ginocchio destro ha fatto crac. A giugno mi sono operata, a novembre ero di nuovo in campo».
Più forte di prima.
«Quest’anno è andata bene, soltanto per un soffio non abbiamo vinto il campionato».
Quanto è difficile gestire un team femminile?
«Il nostro allenatore è un uomo molto paziente. Ci sono certi giorni in cui noi donne siamo davvero intrattabili… la nostra squadra però è collaudata, siamo tutte giovani e non ci sono mamme che non sanno a chi lasciare i figli per correre al campo. C’è soltanto un’infermiera che calibra i turni di lavoro sul calendario delle gare…».
Si arrabbiano in campo le donne?
«Altroché, sia con gli avversari che con l’arbitro. Il calcio è uno sport di contatto e noi donne siamo perfino più suscettibili dei maschietti. A me piace giocare coi maschi, sono loro che hanno problemi con me».