Renzi? «Un boy scout rottamatore, ostacolato dalle vecchie logiche del partito, rappresentate da D’Alema». Parola del 92enne Francesco Innamorati, dall’estate scorsa nell’albo d’oro della città che gli ha consegnato anche Baiocco d’oro. Entrato a far parte del consiglio comunale nel 1946, ci è tornato 70 anni dopo, mercoledì pomeriggio, per difendere le ragioni del Sì in vista del referendum del 4 dicembre. A palazzo dei Priori è andato infatti in scena il consiglio comunale aperto, voluto all’unanimità della conferenza capigruppo su proposta del pd Miccioni, sul referendum che ha messo a confronto i motivi del Sì e quelli del No. Una quindicina gli iscritti che hanno preso la parola, tra i quali pochi cittadini ‘comuni’ e molti volti noti della politica o della battaglia referendaria. A non parlare invece sono stati i rappresentanti della giunta, a partire dal sindaco della città Andrea Romizi. Ad aprire le danze sono stati il professor Maurizio Oliviero, per il fronte del Sì, e il collega Mauro Volpi per quello opposto.
Oliviero «Il combinato con la legge elettorale di cui spesso si parla – ha detto l’ex numero uno dell’Adisu – non esiste: il 4 dicembre si va a votare per la riforma costituzionale non per la legge elettorale. Al contrario, tra le tante innovazioni della riforma c’è l’attribuzione alla corte costituzionale di una competenza straordinaria di controllo preventivo sulle elezioni, che garantisce la legittimità stessa della procedura elettorale». Gli altri punti a favore? Superamento del bicameralismo paritario, ridefinizione di ruoli tra centro e periferia e l’introduzione di strumenti di partecipazione e di garanzia. «Se vince il Sì – ha concluso – avremo un paese più veloce». Per Volpi invece si tratta di una legge «scritta male, incomprensibile», e propagandata con il «risparmio che si otterrebbe diminuendo i parlamentari, affermazioni che sono il punto più basso del populismo qualunquistico, dal momento che tale risparmio ammonterebbe a 58 milioni di euro, ovvero meno di un euro per ogni cittadino italiano».
Volpi Tanti i dubbi che Volpi solleva sulla rappresentatività del Senato e sul ruolo dei sindaci: «Finirà -ha detto – con una spartizione politica che farà venire meno la partecipazione e la rappresentanza elettiva». Secondo Volpi aumenteranno anche le conflittualità con allungamento dei tempi e aumento dei costi, contrariamente alla semplificazione che si vorrebbe ottenere. Subito dopo è toccato a Innamorati che ha criticato le posizioni del presidente dell’Anpi Smuraglia («l’Anpi sostiene da tempo la diminuzione dei parlamentari e altre misure che sono all’interno della riforma»), ha preso le difese di Renzi e ha messo in guardia dalla vittoria del No: «Aprirebbe la strada alla politica conservatrice». Molti dubbi in primis sull’iniziatva presa dal consiglio ce l’ha Michele Guaitini dei Radicali di Perugia: «Il suo compito istituzionale – ha detto -non è quello di informare né di fare campagna elettorale, ma di indirizzare le linee politiche della città».
Radicali Guaitini ha poi espresso il suo personale no sulla riforma tenendo necessario un suo spacchettamento articolo per articolo. A suo avviso la riforma genererà conflittualità e incertezza e «porterà a tener conto più delle istanze di partito che del territorio. «Il consiglio – ha concluso – solleciti il sindaco affinché inviti i consiglieri regionali a non farsi eleggere al senato». A prendere la parola è stato anche Enrico Menichetti, dell’Ordine degli avvocati che si è concentrato sull’importanza dei concetti di costi standard quando si parla di regioni ed enti locali e del principio di trasparenza anche in materia di esercizio delle funzioni amministrative e di responsabilità degli amministratori. Dal fronte del M5S Candido Balucca ha espresso il suo no spiegando che «la riforma è un modo per svendere il paese alla finanza europea e alla guerra e per favorire la riduzione dei salari». No anche da parte di Carlo Pacelli, portavoce del comitato per il No di Ponte san Giovanni secondo il quale «i cittadini tornerebbero sudditi», mentre sul fronte opposto si schiera Francesco Sorci, coordinatore del Comitato Perugia per il Sì: «Grazie allo statuto delle opposizioni – ha detto – la riforma è una garanzia per le opposizioni stesse e un riconoscimento importante alle autonomie locali».
Il dibattito Semaforo rosso lo mostra Rifondazione comunista con il suo segretario provinciale Oscar Monaco: «Si manomette – dice – la carta costituzionale a favore di una controrivoluzione neoliberista. Il governo che propone la riforma -ha detto- è lo stesso che privatizza la sanità, che privatizza lo stato sociale, che mina la scuola pubblica». Per il Sì è invece l’ex deputato Fabio Ciuffini, mentre per un altro avvocato come Siro Centofanti non si può scindere la proposta di riforma dalla legge elettorale: «Il potere legislativo- ha detto – verrebbe a reggersi solo su una camera che, secondo questa legge, vedrebbe un solo partito prevalere con il 54% dei seggi». No secchi sono poi arrivati dal leghista Luca Briziarelli, dall’ex senatore Leonardo Caponi e da Marcello Teti, del Comitato popolare per il No di Perugia). A prendere la parola sono stati anche alcuni consiglieri, in primis Leonardo Miccioni, che ha parlato di una «bella pagina» scritta dal consiglio. Schierato con il Sì, come noto, c’è il Ncd di Emanuele Scarponi; a favore della riforma anche Vignaroli di Progetto Perugia.