Un seggio elettorale in Umbria

di Daniele Bovi

L’effetto Renzi che porta il Pd, in Umbria, a conquistare quasi un elettore su due, la scomparsa del centro e della sinistra, il fu Pdl che passa dal trionfo del 2009, quando era il primo partito della regione, alla sconfitta del 2014. Mercoledì a palazzo Cesaroni il professo Bruno Bracalente e il direttore dell’Aur Claudio Carnieri hanno presentato i dati relativi ai flussi elettorali che riguardano le elezioni europee e quelle comunali. Per quanto riguarda le prime, le stime sono state fatte su un blocco di sezioni delle città più importanti, ovvero Perugia, Terni, Foligno, Castello, Spoleto e Orvieto. Confrontando politiche 2009 ed europee del 25 maggio scorso, il primo dato da sottolineare sono gli 84 mila nuovi astenuti. Un’astensione che però non tocca il Pd, mentre colpisce duro M5S (30 mila persone), il blocco del fu Pdl (23 mila) e il centro (15 mila), mentre il Pd intercetta 10 dei 15 mila voti arrivati dall’area dell’astensione.

FLUSSI AMMINISTRATIVE: COSA È SUCCESSO A PERUGIA

I numeri Un Pd che a differenza di quanto successo alle comunali di Perugia e Terni, esercita una forte attrazione in tutte le direzioni. Rispetto alle politiche aggiunge ben 70 mila voti al suo zoccolo duro, riprendendosi molto di quello che probabilmente era il suo consenso dal M5S (34 mila voti) ma pescando anche dal centro (20%), dalla destra (8 mila voti) e dalla cosiddetta sinistra radicale (oltre cinquemila voti). Rispetto alle europee di cinque anni fa invece, 32 mila voti arrivano dal Pdl, 27 mila dalla sinistra e 14 mila dall’astensione. In cinque anni sembra anche accentuarsi la mobilità dentro i blocchi tradizionali: il centrosinistra strappa 46 mila voti al centrodestra, mentre all’opposto il fiume si trasforma in un rivolo da 6 mila preferenze. Uno spostamento avvenuto però per gradi, visto che alle politiche 2013 gli elettori in fuga dal centrodestra, prima di approdare al Pd, sono ‘transitati’ dal centro.

FLUSSI AMMINISTRATIVE: COSA È SUCCESSO A TERNI

Centro e sinistra ko Una sosta breve, visto che nel giro di poco più di un anno il suddetto centro si svuota, scomparendo a causa del non voto (25%) e poi defluendo in parti uguali (all’incirca 20 mila voti) verso sinistra e verso destra. Un destino, quello della scomparsa, che è toccato alla sinistra radicale. Se si confrontano politiche ed europee, si scopre che solo il 42% di quelli che nel 2013 si erano schierati da quella parte hanno scelto la lista Tsipras. Un quarto invece hanno optato per il partito di Renzi. Rispetto a cinque anni fa invece Bracalente e Carnieri sottolineano come l’elettorato di quest’area abbia cambiato pelle. Nel 2009 questo blocco si reggeva sulla forza di 80 mila voti, che oggi nel 95% dei casi sono spariti, prendendo le strade dell’astensione (un quarto), del M5S (un terzo) e del Pd (un altro terzo). Il 25 maggio Tsipras, Verdi, Idv e altre liste minori sono stati scelti da 26 mila elettori, che arrivano anche dai radicali (6 mila), dal Pdl (5 mila) e dal non voto (oltre 7 mila).

M5S Da ultimo il M5S, che nel 2009 non era presente, tra politiche ed europee ha visto una parte consistente del proprio elettorato rimanere a casa (un quinto, ovvero 30 mila voti), lì dove nel 2013 lo era andato a prendere. Un’altra fetta molto grande invece come accennato è andata (o forse è tornata) verso il Pd, mentre il flusso verso le altre liste è molto piccolo. Numeri che parlano di un tasso di fedeltà dell’elettorato pentastellato basso, intorno al 50% (per il Pd il dato è invece del 92%), e di una ridotta capacità di attrazione sia nei confronti del centrodestra che del centrosinistra. Da ultimo lo studio mette in luce la fuga, in tutte le direzioni, degli elettori di Forza Italia rispetto alle politiche: in parte verso M5S (6%) e Pd (5%), ma a pesare è la forte astensione. In tutto, solo il 52% è rimasto fedele al partito di Berlusconi.

Twitter @DanieleBovi