di Mar.Ros.

‘Chi non salta perugino è, è’, ‘Stefano, Stefano, Stefano Bandecchi, ora e sempre Stefano Bandecchi’. Questi i motivetti che accompagnano l’elezione del nuovo sindaco di Terni. Cori da stadio, quel Liberati dove il primo cittadino si è fatto strada lungo il sentiero della popolarità, tra investimenti, iniziative di solidarietà e pure diverse cadute di stile.

Fenomeno Bandecchi Gli sputi ai tifosi, le offese, la parola negata al tecnico Cristiano Lucarelli, le mezze verità su Aurelio Andreazzoli. Anche da lì è passata evidentemente la scossa che Terni aspettava, i gesti triviali dell’uomo forte al comando, che gestisce soldi e personale, non ha paura di nessuno, finanza compresa. I comportamenti di un uomo che gioca ‘fuori casa’ la sua partita politica e trova terreno fertile per attecchire, dentro un partito anonimo, ma con un’ambizione così travolgente da radunare attorno a sé 140 ‘guerrieri di centro’. Così sono denominati i 128 candidati nelle quattro liste a sostegno del primo cittadino e gli altri membri dello staff elettorale, capeggiato dall’avvocato Riccardo Corridore; sarà lui il vicesindaco, sarà il numero due del livornese che vuole fare di Alternativa popolare il grande centro dall’Umbria alle europee.

Alternativa popolare L’istrionismo dirompente di Bandecchi scuote le coscienze, si oppone alla compostezza istituzionale di centrodestra e centrosinistra, troppo impegnati a decidere ‘chi decide cosa’, perdendo via via contatto col proprio elettorato e le esigenze della città, pensando che i sostenitori storici possano perdonare tutto, proprio tutto; persino da un lato il voltafaccia a quel Leonardo Latini che cinque anni fa trionfava sulle note di ‘Chi non salta è comunista’ e dall’altro la necessità di affidarsi a un civico senza avere troppe orecchie per quella base di centrosinistra che aveva fatto opposizione di bandiera in consiglio, resistendo al fascino diffuso del cambio di casacca.

Il mancato campo largo Il Pd pensava che senza il M5s, col professore argentino Josè Maria Kenny, potesse agguantare il ballottaggio e sfidare Orlando Masselli, perché nel centrosinistra è il partito del Nazareno a fare la parte del leone; Quel Pd che non ha ceduto alle proposte dei pentastellati che chiedevano una larga intesa su base regionale e un metodo condiviso per sfruttare i punti di contatto dei programmi e attivare le opportune sinergie elettorali per le sfide di oggi e di domani. Il partito di Conte però, alle amministrative di Terni, ha fatto il migliore risultato italiano e quegli undici punti di consenso ottenuti dal polo alternativo al primo turno, non sommati al 22% di Dem, Psi, Verdi e sinistra, ha spalancato la strada a Bandecchi.

La disfatta del centrodestra Tra le varie cose dette dal patron in campagna elettorale, c’era pure il dichiarato sostegno al centrosinistra in caso fosse arrivato terzo, è vero; ma sentir dire da un pesantemente sconfitto Orlando Masselli che le responsabilità dell’elezione del nuovo sindaco sono ‘dei rossi’ è quanto di più offensivo si possa riservare all’elettorato e quanto di più inopportuno possa esprimere la politica di centrodestra. Il colpo di coda di una campagna elettorale totalmente fuori luogo, impostata sulla continuità ma con un candidato sindaco diverso, terminata con promesse e ‘condoni’ dell’ultimo minuto, tavoli sconnessi al ministero e deserto di big in una ritrovata piazza Tacito, con una fontana che fa… ruggine da tutte le parti.

Bandecchi al ballottaggio fa 6.000 voti in più A Masselli tra il primo e il secondo turno sono mancati quasi mille voti. Prima di tirare stracci verso via Mazzini, sarebbe bene che il centrodestra curasse le proprie ferite da autolesionismo. Il centrosinistra intanto, senza dare indicazioni di voto, ha lasciato che il proprio elettorato si esprimesse liberamente. Tra il fascio e lo sfascio, ha avuto il sopravvento il secondo. Ma non in senso negativo: chi ha votato Bandecchi si aspetta nient’altro che il bene della città, ma ha anche voluto infliggere una severa punizione ai partiti tradizionali, che hanno deluso inseguendo logiche di potere lontane dai desideri dei ternani. Bandecchi è riuscito a vendere il sogno di una città che può avere tante facce, tanti volti gradevoli: non solo acciaio, non solo chimica, non solo San Valentino; una Terni che potrebbe triplicare le opportunità di sviluppo e attrazione; una Terni che deve uscire dalla comfort zone e aprirsi al mondo, con quella sfrontatezza e quell’orgoglio che Bandecchi incarna.

Le riflessioni post-voto Se i suoi metodi passeranno senza difficoltà dentro gli uffici comunali, tutto da verificare ovviamente, ma intanto il suo, alle urne, si rivela un profilo vincente, con buona pace del numero uno regionale del Pd Tommaso Bori che, senza nemmeno fare gli auguri al nuovo titolare della fascia tricolore (come invece fa dalle primissime ore Masselli), sui social, mettendo in evidenza le differenze valoriali, scrive: «Terni da oggi ha un nuovo sindaco e il suo nome è Stefano Bandecchi. E questo è un problema non solo per la seconda città dell’Umbria, ma per tutti i cittadini della nostra regione». Segue autocritica: «Come Partito democratico dobbiamo interrogarci con serietà su questo risultato che ci consegna la foto di una città di cui non abbiamo colto pienamente il malessere sociale, relegandoci per la seconda volta consecutiva a spettatori di un ballottaggio, invece che protagonisti dell’alternativa alla destra. Una sconfitta che nessuno può archiviare con un’alzata di spalle o, peggio, con la magra ed effimera consolazione del numero degli eletti o delle preferenze personali, rassegnandoci dunque ad un destino di marginalità oltre che di autoreferenzialità». A sinistra non è mancato chi ha scelto il ‘not in my name’ l’astensione piuttosto che una croce sulla scheda elettorale, magaro anche col naso tappato, ma comunque nella consapevolezza che uno dei due sarebbe stato proclamato sindaco. Ora il primo cittadino c’è ed è di tutti: ‘dialogo’ una delle prime parole che Bandecchi pronuncia dopo l’esito positivo dello spoglio.

Stefano Bandecchi sindaco Tra largo Elia Passavanti e Palazzo Spada una ventata di entusiasmo accompagna il trionfo del nuovo sindaco; non è ternano, come la quasi totalità dei personaggi che, per ragioni diverse, hanno fatto nella storia le fortune della città; mostra subito senso di responsabilità quando si dice amareggiato dell’esiguità dell’affluenza alle urne, un terreno che conta di recuperare. Come ‘nuovo Berlusconi’, molto vicino a Forza Italia, fa pensare che Alternativa popolare possa essere molto presto un attrattore naturale per i più moderati di destra. Le Regionali sono alle porte e la governatrice Tesei, come pure uno dei big della sua giunta come Enrico Melasecche, sono esponenti di un partito che nella città di San Valentino  è sprofondato nell’oblio; quella Lega che trainava l’esecutivo ternano, non ha più nemmeno un seggio in consiglio comunale. Il carro del vincitore, per sua stessa ammissione è grande. Terremoto Bandecchi ha già provocato frane e smottamenti di un certo livello; seguiranno senza dubbio scosse di assestamento. Un pensiero intanto invade tutte le parti politiche: cosa sarebbe successo se il centrodestra avesse ricandidato Leonardo Latini? I manovratori della candidatura Meloniana si dicono senza rimpianti.

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