di Marco Torricelli
Si può rischiare di perdere il lavoro e non sapere perché? Sì, pare che si possa. E lo stanno sperimentando sulla propria pelle i 26 dipendenti della ‘Industria e servizi’ di Terni. Che a fine mese saranno – almeno la gran parte di loro – a spasso.
La protesta E allora hanno deciso di fare quello che, in casi del genere, è nelle cose: una manifestazione. Pacifica e non rumorosa, ma tale da renderli visibili. Si sono attaccati una lettera dell’alfabeto sul petto e sulla schiena e si sono schierati davanti all’ingresso della palazzina che ospita gli uffici dell’azienda.
«Merce di scambio» Poi si sono messi in ordine ed hanno formato la scritta ‘merce di scambio’: «Perché è quello che siamo – dicono i lavoratori – per le grandi aziende come Ast e Ilserv e per le multinazionali come ThysseKrupp e Harsco. Ci considerano oggetti e come tali ci trattano».
L’appalto La ‘Industria e servizi’ – lavora all’interno della Tk-Ast e svolge quelle attività che sono definite come ‘pulizie industriali’ – non ha un rapporto diretto con la committente principale, ma con Ilserv, che gestisce tutte le attività analoghe – e non solo – nello stabilimento ternano. Qualche mese fa, però, la Tk-Ast avrebbe detto, più o meno, ad Ilserv che ‘Industria e servizi’ non era più gradita e che bisognava provvedere.
La lettera Tanto che a gennaio Ilserv aveva comunicato a ‘Industria e servizi’ che «siamo spiacenti di dovervi confermare che la nostra committente, Ast S.p.A., ci ha comunicato che, a far data dal 1 marzo 2014, sarà inibito lingresso a tutti i dipendenti Industria e Servizi. Tale decisione, ci impedisce di continuare oltre tale data, nostro malgrado, qualsiasi rapporto commerciale con la vostra azienda per i servizi da noi di solito commissionati e da voi espletati all’interno dell’acciaieria di proprietà di Ast».
La gara Poi i tempi si sono allungati, Ilserv ha indetto una nuova gara per riassegnare l’appalto e, ovviamente, non ha invitato ‘Industria e servizi’ a partecipare. Con il risultato che, dal mese prossimo, i lavori che svolgeva saranno affidati ad un’altra ditta. Una nuova lettera di Ilserv, il 10 giugno scorso, annunciava infatti a ‘Industria e servizi’ che «i servizi da voi erogati presso i nostri reparti all’interno del sito Ast di Terni, saranno trasferiti a far data dal 1 luglio a nuovo soggetto. La Iosa Carlo di Terni»
La ‘catena’ La Ilserv, spiega Alberto Secci, il direttore di stabilimento, «non è a conoscenza di tutti i dettagli che hanno portato alla determinazione di Ast e quindi non siamo nelle condizioni di esprimere alcuna valutazione di merito». Il mercato è spietato «e in una fase nella quale è la parola ‘ottimizzazione’ a dettare le regole – è la spiegazione – non si può non tener conto delle richieste di un committente importante come Ast». Come dire che la decisione non si discute e nemmeno si commenta: si esegue e basta.
Ingresso vietato Fino ad escludere ‘Industria e servizi’ dalla nuova gara di appalto? «Sarebbe stato inutile che partecipasse – spiega Giovanni Masedu, responsabile delle risorse umane di Harsco, la multinazionale statunitense di cui Ilserv fa parte – visto che Ast ci aveva comunicata la decisione che noi, a nostra volta, abbiamo reso nota ad ‘Industria e servizi’». E cioè: se Ast inibisce l’ingresso ai lavoratori, è tutto inutile. «La prego di volermi credere – dice Masedu – se le dico che sul piano umano questa vicenda è davvero molto penosa, per noi, ma siamo fiduciosi che tutte le norme contrattuali saranno rispettate».
I precedenti Quello che colpisce è che questa pratica – il cambio di appalto all’interno di Tk-Ast – avvenga con queste procedure. Tra dicembre e gennaio scorsi era avvenuto lo stesso con la Rigato di Venezia, che si era fatta da parte – o era stata messa nelle condizioni di farlo – lasciando spazio, anche in quel caso alla Iosa Carlo di Terni. Allora le manifestazioni di protesta erano anche state più clamorose, con i lavoratori che si erano simbolicamente incatenati davanti ai cancelli dell’Ast, ma senza risultato.
La ditta Paolo Salvatori, uno dei titolari della ‘Industria e servizi’, è quasi rassegnato: «Per noi questa decisione equivale ad una condanna a morte – dice – perché non avremo alcuna possibilità di tenere in vita l’azienda, visto che di fatto Ilserv era il nostro unico committente. Sull’altare di non so bene quale religione del profitto veniamo sacrificati senza nemmeno poter dire una parola in nostra difesa e questo è inqualificabile».
Il contratto Secondo le regole scritte, e spesso disattese, in caso di cambio di ditta appaltatrice, quella che subentra dovrebbe garantire il lavoro a tutti i dipendenti della ditta sostituita, ma questa è teoria: uno di quelli che, martedì, aveva una lettera attaccata sul petto e sulla schiena, c’era proprio un ex dipendente della Rigato, che la Iosa Carlo non aveva mai assunto e che aveva trovato posto alla ‘Industria e servizi’. E che adesso si ritrova punto e a capo. Insieme a tutti gli altri.