di Marta Rosati

«Le estati a Terni da bambina quando papà vestiva la maglia della Ternana, il ricordo di questa città a misura d’uomo fatta di gente accogliente e mai frenetica, al centro dell’Italia, a un passo dalla capitale. La città in cui ho scelto di vivere per me e per mio figlio». Suo padre era il centrocampista Francesco Casisa. A parlare è la figlia Simona, che degli ultimi tredici anni vissuti nella Conca ha molto da raccontare, ma soprattutto da giovedì ha una nuova pagina da scrivere nel libro della tradizione imprenditoriale di famiglia: chiuso il ristorante Me gusta in via Cavour «ma solo temporaneamente causa Covid», ha aperto una rosticceria, arancineria siciliana ‘in salsa umbra’ in corso del Popolo.

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Passione ristorazione La classica storia di chi sa reinventarsi: «I piatti di pesce del Me gusta, io nei contenitori per l’asporto non li metto». A lavorare per forza, rinunciando alla qualità e al valore aggiunto della ‘mise en place’ Simona non ci sta. Pochi mesi fa, dopo due anni di attività, ha guardato negli occhi il figlio Manfredi, studente e giovane volenteroso e ha detto: «Diversifichiamo». E così, realizzando quello che da sempre era un sogno nel cassetto, la 49enne ha portato il gusto della Sicilia al bancone della rosticceria ‘I Mori’, scommettendo sul suo erede 19enne e sul loro chef di fiducia, Michele, 26 anni.

L’amore per la Sicilia Tra le due attività in tutto sette dipendenti e nonostante quella convinzione («Da grande tornerò in Sicilia»), Simona investe ancora una volta a Terni: «Mi manca maledettamente il mare come mancherebbe a qualunque isolano, ma in fondo qui mi sento a casa, ho aperto sempre le mie attività con serenità». Dolce, salato, piatti pronti, qualcosa bolle in pentola, qualcuno passa per un saluto, altri curiosi sono attratti dal profumo e acquistano per assaggiare e poi ci sono i clienti affezionati del Me Gusta che, in attesa di tornare a gustare il pesce al tavolo del ristorante, vanno a trovare Simona e soci, anche solo per ‘i migliori auguri’. E lo staff regala sorrisi e gentilezza: il Covid-19 ha portato via il gusto dell’impiattare, ma non l’entusiasmo e la voglia di fare. Tra le pietanze della rosticceria, che rimane proprio di fronte agli uffici comunali del Pentagono, non solo Sicilia ma anche piatti della tradizione umbra per soddisfare un po’ tutti i gusti. Il nome dell’attività è ispirato a una leggenda. Aprire nell’anno della promozione delle Fere in B probabilmente è di buon auspicio: Casisa se n’è andato con la maglia rossoverde sulla bara.

I Mori Un’antica leggenda narra che intorno all’anno 1100, durante il periodo della dominazione dei Mori in Sicilia, nel quartiere Kalsa di Palermo, viveva una bellissima fanciulla dalla pelle rosea paragonabile ai fiori di pesco al culmine della fioritura e un bel paio di occhi che sembravano rispecchiare il bellissimo golfo di Palermo. La ragazza era quasi sempre in casa, e trascorreva le sue giornate occupandosi delle piante del suo balcone. Un giorno si trovò a passare da quelle parti un giovane Moro, che non appena la vide, subito se ne innamorò e decise di averla a tutti i costi. La fanciulla ricambiò, ma ben presto la sua felicità svanì non appena venne a conoscenza che il suo amato l’avrebbe presto lasciata per ritornare in Oriente, dove l’attendeva una moglie con due figli. Fu così che la fanciulla attese la notte e non appena il Moro si addormentò lo uccise e poi gli tagliò la testa. Della testa del Moro ne fece un vaso dove vi piantò del basilico e lo mise in bella mostra fuori nel balcone. Il Moro, in questo modo, non potendo più andar via sarebbe rimasto per sempre con lei. Intanto il basilico cresceva rigoglioso e destava l’invidia di tutti gli abitanti del quartiere che, per non essere da meno, si fecero costruire appositamente dei vasi di terracotta a forma di Testa di Moro.

 

 

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