di Daniele Bovi
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Ammontano a quasi undici milioni di euro i soldi per la cassa integrazione in deroga assegnati giovedì alla Regione con un decreto (atteso da settimane e che ripartisce complessivamente tra le Regioni 550 milioni), firmato dal ministro del Lavoro Giovannini e da quello dell’Economia Saccomanni. Soldi che serviranno a palazzo Donini per coprire quanto già autorizzato, visto che l’Umbria è rimasta in questi mesi una delle pochissime regioni, se non l’unica, a continuare ad emettere decreti di autorizzazione anche grazie alle regole più stringenti varate nei mesi scorsi e ai 2,3 milioni messi sul piatto ad aprile con il bilancio. L’«ossigeno» però non basterà per tutto il 2013: secondo i calcoli di palazzo Donini infatti i soldi attualmente disponibili saranno sufficienti fino a settembre. Per arrivare alla fine dell’anno, occorrerà che il governo torni a rifinanziare questo fondamentale ammortizzatore sociale con, secondo le stime, un altro miliardo di euro.
Riommi: non basteranno «Siamo contenti – dice a Umbria24 l’assessore allo Sviluppo economico Vincenzo Riommi – per quello che comunque è un adempimento che il governo avrebbe dovuto fare un mese e mezzo fa. E’ la cifra che sapevamo anche se per noi non significa un ritorno all’operatività visto che abbiamo continuato a fare la nostra parte anche in assenza del decreto. Queste risorse però sono ampiamente insufficienti per arrivare alla fine dell’anno. Con l’attuale programmazione possiamo arrivare a settembre, dopo la cassa in deroga dovrà essere rifinanziata». Una stima sorretta dalla forza dei numeri. Alla fine di giugno a palazzo Donini sono arrivate richieste per 28-29 milioni: considerando che tra quanto autorizzato e quanto poi effettivamente speso c’è una differenza pari a circa il 15%, attualmente sono stati spesi poco più di 24 milioni. «Visto che – prosegue Riommi – compresi i nostri ne abbiamo circa una trentina, fino a dopo l’estate possiamo autorizzare».
LA RIPARTIZIONE REGIONE PER REGIONE
Mancano altri 20 La proiezione per il 2013, che gode anche degli effetti benefici delle regole di autorizzazione più severe, parla di 50 milioni per tutto il 2013. «Attualmente – conclude l’assessore allo Sviluppo – la spesa è stabile ma non sta calando». Insomma, per coprire intero l’anno mancherebbero circa 20 milioni che, si spera, il governo metterà sul tavolo in autunno. I 10,7 milioni di euro oggetto del decreto vengono poi definiti dalla Cgil «una somma assolutamente al di sotto delle esigenze della nostra regione. Il governo – osservano in una nota il segretario regionale Mario Bravi e Giuliana Renelli, responsabile del Dipartimento mercato del lavoro – dallo sbandierato miliardo è passato a 550 milioni e per l’Umbria 10 milioni sono meno della metà delle esigenze reali, visto che oltre 13 mila sono i lavoratori interessati».
Crisi e innovazione «La nostra mobilitazione – aggiungono – continuerà finché il governo nazionale non darà una copertura totale ai lavoratori e alle aziende interessate. Non si tratta di una battaglia di carattere assistenziale ma è invece un’azione finalizzata a difendere la coesione sociale e a mantenere in piedi aziende che potrebbero in futuro avere una funzione e un ruolo. Nella nostra iniziativa che continuerà invitiamo tutti i parlamentari umbri a farsi carico nelle sedi opportune di questa iniziativa fortemente ancorata a criteri di civiltà e di contrasto a una crisi profonda che ormai dura da 6 anni». Crisi profonda che si contrasta anche con progetti innovativi per i quali palazzo Donini ha stanziato 832 mila euro. In particolare questi finanziamenti andranno a 153 imprese, aggregate in 50 raggruppamenti, che avvieranno nei prossimi giorni progetti di innovazione (in totale 50 sui 73 presentati in 45 giorni) in collaborazione con esperti, università, centri e laboratori di ricerca.
Pensato per le piccole «Si tratta – dice Riommi – delle imprese selezionate in seguito ad un avviso pubblico e sulla base di manifestazioni di interesse delle piccole e medie imprese su progetti di innovazione e sviluppo tecnologico. Iniziativa che trova una motivazione nell’evidente difficoltà di innescare processi di innovazione da parte delle piccole e medie imprese, soprattutto a causa della scarsa disponibilità di risorse finanziarie proprie che si va ad aggiungere agli alti costi e alla difficoltà di accesso e attivazione dei servizi di ricerca e sviluppo». Un finanziamento pensato proprio per le piccole realtà visto che più spesso «la grande impresa – continua – può disporre al proprio interno di molti strumenti per innovarsi mentre la piccola, e ancora di più la micro, ha spesso bisogno del contributo esterno per riuscire a reperire sul mercato gli elementi necessari».