di Paolo Occhiuto
Sonny Rollins: ottantadue anni, un sassofono tenore ed il fardello di portarsi dietro la responsabilità di rappresentare, uno degli ultimi rimasti, quella generazione che tra gli anni ’40 e ’50 fece la rivoluzione del jazz. Un fardello non troppo grande, dopo tutto, se ti chiamano «The saxophone colossus» e sei una leggenda vivente della musica del tuo tempo. Rollins è a Perugia e venerdì sera suonerà a Umbria Jazz, unica data italiana, con un quintetto di grande livello, con il chitarrista Peter Bernstein e l’eterno bassista Bob Cranshaw, un suo fedelissimo. Poi c’è il trombonista Clifton Anderson, che in teoria dovrebbe dividere con lui la fatica degli assoli, ma che suona sempre poco perché Rollins non ha bisogno di pause ed è ancora capace di tenere la scena con lunghissime performance solistiche.
Gestione e vita sana Frutto, questo, di una vita salutistica e di una sana gestione della ultima fase della carriera: fa pochi (e ben pagati) concerti e si concede molti giorni di riposo tra una data e l’altra. Perugia è una delle sue piazze preferite. E’ arrivato giovedì in grande spolvero, barba bianca e capelli un po’ afro, naturalmente con in mano il sax. Sulla custodia c’è ancora in bella evidenza l’adesivo di Umbria Jazz 95, l’anno della sua prima esibizione, quando il main stage erano i Giardini del frontone e non l’arena Santa Giuliana. Ce ne sono state tante altre. Oltre ad essere l’ultimo dei mohicani del grande jazz, Rollins è un amico di Perugia e del suo festival. Con queste motivazioni il sindaco, Wladimiro Boccali, gli ha consegnato giovedì il baiocco d’oro, l’antica moneta del Comune. La cerimonia protocollare è di solito più austera, ma questa volta si è fatta una eccezione ed il protocollo è saltato. «Molto gentili, grazie», ha risposto in italiano Rollins quando gli hanno consegnato la moneta.
Il Baiocco d’oro Nella Sala dei Notari di Palazzo dei Priori, il cuore della storia della città, Rollins c’era già stato per ricevere la laurea honoris causa della Berklee School of music. Si ricordava benissimo il grande scalone per accedervi, ed ha chiesto soltanto di usare, questa volta, l’ascensore che porta alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Non tanto per l’età, quanto per un vecchio problema ad un’anca. Per salutare Rollins sono saliti i Funk Off, la street band che percorre ogni giorno le vie dell’acropoli durante Umbria Jazz, e dietro di loro il consueto corteo di fan. C’erano anche giornalisti, musicisti ed i ragazzi che studiano per diventare musicisti nei corsi della Berklee. La colonna sonora della cerimonia l’hanno offerta i Funk Off: St. Thomas, un calypso che Rollins suona sempre, in omaggio a sua madre, che era nata nelle Isole Vergini.