Umberto Orsini

Si alza il sipario sul palcoscenico del Teatro Comunale Giuseppe Manini di Narni. Ad inaugurare la stagione teatrale 2012-13 che vede la conferma della collaborazione col Teatro Stabile dell’Umbria, sarà Umberto Orsini che debutterà in prima nazionale, mercoledì 24 ottobre, con lo strepitoso passaggio di Dostoevskij «La leggenda del grande inquisitore», tratto da «I Fratelli Karamazov». Una lettura che tiene conto della contemporanea presenza in scena dell’ideatore della leggenda – il giovane Ivan Karamazov -, e del prodotto della sua fantasia – il vecchio Inquisitore – entrambi interpretati dallo stesso Orsini. Tra memoria e finzione, tra nostalgia e sofferenza, srotolando il suo suggestivo nastro di Krapp in chiave dostoevskiana.

«Il nostro teatro è aperto, vi aspettiamo!» E’ entusiasta l’assessore alla cultura del Comune di Narni Gianni Giombolini: «Siamo soddisfati perché riteniamo che anche attraverso questa importante e curata programmazione teatrale la nostra comunità, con le sue risorse e nel suo piccolo, fornisce uno strumento e un’opportunità per reagire alla grave crisi economica e sociale che stiamo vivendo – ha dischiarato – , il nostro splendido teatro e la sua tradizionale stagione di prosa incarna oramai un tratto culturale che caratterizza la nostra città. La rinnovata collaborazione con il Teatro Stabile dell’Umbria significa per Narni continuare a investire sulla e per la cultura, interpretando così un ruolo e uno spirito che non intende rassegnarsi ma che guarda al futuro con speranza ed ottimismo»

Il programma Martedì 20 novembre, Silvio Orlando porta in scena uno dei testi più divertenti e brillanti del Settecento francese, «Il nipote di Rameau». Il capolavoro satirico di Denis Diderot è la parabola grottesca di un musico fallito, cortigiano convinto, amorale per vocazione. Nella sua imbarazzante assenza di prospettive edificanti, nella riduzione della vita a pura funzione fisiologica, Rameau riesce in maniera paradossale a ribaltare la visione del bene e del male, del genio e della mediocrità, della natura umana e delle possibilità di redimerla.

Domenica 2 dicembre è il turno de «La regola del gioco il Teatro della Tosse» racconta in un’intensa commedia le vicende di un’anziana coppia che ha passato insieme la vita, di due giovani donne, di un marito, una moglie, un’amante. L’amore, le insicurezze, le paure, i rancori, i tradimenti e le bugie sono descritte sotto la lente di ingrandimento della quotidianità.

Giovedì 24 gennaio è la volta dello spettacolo che il Teatro Stabile dell’Umbria ha prodotto insieme alla Compagnia Horovitz-Paciotto, «3 Famiglie». Tre atti unici di Israel Horovitz, dove l’autore mescolando delicatezza e senso dell’ironia a una lucida e originale capacità di osservazione, mette sotto una lente d’ingrandimento i rapporti e le relazioni familiari, rivelando gli aspetti più curiosi, crudeli, commoventi e divertenti del privato.

Ascanio Celestini presenta, venerdì 15 febbraio, «Pro Patria» un racconto teatrale, che vede il sostegno del Teatro Stabile dell’Umbria, dove l’artista ricuce i fili della storia del nostro paese, ritrovando quella scintilla intellettuale e politica che ha dato vita a un’esperienza lunga e dolorosa, un percorso che ha coinvolto uomini e donne uniti da un grande ideale: fare l’Italia.

Martedì 19 marzo, Valeria Valeri e Paolo Ferrari portano alla ribalta una simpatica commedia giocata con maestria su vari stati d’animo e pervasa da una comicità esilarante «Gin Game».

Giovedì 21 marzo, un’interessante proposta fuori abbonamento, «Iancu, un paese vuol dire», un progetto di Fabrizio Saccomanno dove attraverso gli occhi di un bambino di otto anni viene ricostruito il mosaico del ricordo: uno strano e deformato affresco del profondo Sud. Un sud che oggi non c’è più, piazze e comunità che si sono svuotate e si sono imbarbarite, o sono state svendute.

Venerdì 5 aprile, la stagione di chiude all’insegna della grande danza con l’«Otello», un’altra prova vinta per il coreografo Fabrizio Monteverde. Il bellissimo spettacolo è ambientato in un porto di mare, uno scenario che si presta a suggerire il continuo brulicare di persone provenienti da mondi diversi, che per un attimo intrecciano le loro storie e le loro passioni, senza remore e regole. La musica appassionata, languida e sensuale di Antonín Dvořák, esalta la capacità dei danzatori di creare forti suggestioni visive e caratterizzazioni potenti dei personaggi.

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