di Fra. Mar.
L’odio razziale è un’aggravante per chi si è reso responsabile di episodi di razzismo nei confronti di un compagno di classe. Lo stabilisce la quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna di un ragazzo della provincia di Perugia, oggi venticinquenne, che per tutto un anno scolastico aveva chiamato un compagno di classe nero, «negro di merda».
Gli sputarono addosso Inoltre il ragazzo fu anche al centro di un altro episodio a sfondo razzista: secondo la sentenza, venne infatti «schernito e fatto oggetto di sputi negli spogliatoi e poi portato a forza e costretto a restare nel locale docce con i rubinetti aperti».
La condanna in secondo grado Il venticinquenne della provincia di Perugia, l’anno scorso era stato condannato dalla Corte d’Appello di Perugia per ingiurie e violenze, aggravate dall’odio razziale. La difesa del ragazzo aveva fatto ricorso in Cassazione per escludere l’aggravante dell’odio, sostenendo anche che le ingiurie non erano state udite da terzi.
Non servono terze persone Ma la Suprema Corte ha stabilito che « l’aggravante è integrata quando l’azione si rapporti al pregiudizio manifesto di inferiorità di una razza, non è necessario che la condotta incriminata sia destinata, o quanto meno, potenzialmente idonea a rendere percepibile all’esterno, e quindi a suscitare, il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori, anche perché ciò comporterebbe l’irragionevole conseguenza di escludere l’aggravante in questione in tutti i casi in cui l’azione lesiva si svolgesse in assenza di terze persone».