Un giro d’affari da 2 milioni e mezzo di euro, nel settore dell’importazione di abbigliamento e accessori aveva come terminale Perugia. Era qui, infatti, l’indirizzo di una azienda che per tre anni, non ha praticamente dichiarato nulla al fisco, se non una errata dichiarazione nel 2019. 600 mila euro di Iva evasa e sanzioni che vanno da un minimo di 1,2 milioni di euro a un massimo di 2,4 milioni. È in sintesi l’attività di verifica conclusa dai funzionari dell’Ufficio delle dogane di Perugia nei confronti di una ditta individuale della città capoluogo di regione umbro che operava nel settore del commercio di capi e accessori di abbigliamento. La merce, a quanto è stato possibile ricostruire grazie anche alla cooperazione con le autorità doganali di Germania, Grecia, Malta, e Ungheria, veniva sdoganata in alcuni Paesi dell’Unione Europea e trasferita in Italia per la definitiva vendita.

Ad amministrare la ditta, un uomo di origine asiatica che indubbiamente conosceva bene i meccanismi fiscali italiani e non solo. L’uomo, infatti, risulterebbe coinvolto in casi di frode Iva ai danni di altri paesi Ue. Per operare in tale commercio, il titolare della ditta aveva indicato quale sede un ufficio situato a Perugia che però, all’accertamento, è risultato inesistente. Se per il 2019 l’uomo ha presentato dichiarazioni fiscali errate, per il biennio successivo ha omesso ogni adempimento fiscale. Le procedure avviate con le altre quattro autorità doganali estere hanno comunque consentito di reperire una ingente documentazione grazie alla quale è stato possibile accertare che la ditta si riforniva da otto aziende comunitarie. I funzionari Adm di Perugia stanno provvedendo a notificare il relativo verbale di contestazione.

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