di Francesca Marruco
«Una è morta e sono contento, si vede che aveva la coscienza sporca». La frase choc la pronuncia Federico Bigotti qualche giorno dopo la morte della madre, Anna Maria Cenciarini, uccisa a coltellate il 28 dicembre scorso. Per i giudici del Riesame di Perugia, che hanno confermato il carcere per il 21enne tifernate arrestato perché accusato di aver ucciso a coltellate la mamma, non c’è dubbio: si tratta di un «omicidio della porta chiusa», come effettivamente è stata trovata da padre e fratello di Bigotti. «Le circostanze di fatto – scrive il giudice relatore Luca Semeraro nelle motivazioni – conducono ad una sola possibile conclusione: l’omicidio è stato commesso da chi in quel momento era presente nell’appartamento oltre la vittima». Ovvero Federico. Che però, oltre alle tre scelte di silenzio dinanzi ai magistrati, ha raccontato a padre e fratello la storia della madre che si accoltellava da sola.
Ha provato ad ammazzarmi tre volte Intercettato la sera dell’omicidio nella caserma di Città di Castello, raccontava:«…Tre volte ha provato ad ammazzarme.. però io ho spinto che c’avevo sta mano qua fuori… questa è come se non ce l’avevo.. c’ho una ferita, c’ho un cerotto… l’arma dapprima me l’ha girata, la seconda me l’ha puntata e la terza m’ha dato un graffio con la mano sinistra.. Praticamente ho visto la mamma che si è ammazzata davanti ai miei occhi e tra un po’ ammazzava anche me». Ma nessuno ha mai creduto a questa sua versione, e quando mostrava alla zia i graffi che aveva sulle braccia dicendo che glieli aveva fatti la madre che non voleva essere salvata dal figlio, nessuno ha potuto fare a meno di immaginare che quei graffi erano i segni tangibile del disperato tentativo di Anna Maria di sottrarsi alla morte per mano del figlio. Quel figlio che nei giorni successivi «si è comportato come niente fosse», arrivando addirittura a vedere i fuochi d’artificio la notte di Capodanno mentre il padre e il fratello piangevano.
Tentativo goffo Se non bastasse la perizia medico legale che esclude categoricamente la dinamica suicida, i giudici del riesame mettono in controluce anche il fatto che il manico del coltello era pulito mentre le mani di Anna Maria erano impregnate di sangue. Se davvero – ragionando per assurdo – fosse stata lei, quel manico doveva essere sporco. Niente di più impossibile. E «l’aver attribuito la morte della madre al suicidio, contrariamente a quanto sostiene la difesa, non è l’espressione della sua precaria salute mentale – fatto questo che nel procedimento è tutto da dimostrare – ma semmai è stato l’unico tentativo, per quanto goffo, di nascondere le sue responsabilità».
FOTOGALLERY: IL LUOGO DEL DELITTO
Ha preso tempo Un tentativo goffo che avrebbe ideato nel lasso di tempo in cui non chiama il 118. Per i giudici infatti, non chiamando il numero di emergenza, Federico «ha preso tempo pensando a quale giustificazione dare, fumandosi anche una canna, al fine evidente di calmarsi». Quanto al «serio disagio psichico» di Federico Bigotti, per il Riesame,«non solo non esclude il dolo, ma non costituisce neanche un elemento di priva per ritenere esclusa la capacità di intendere e di volere».