Vanni Ruggeri, il prefetto De Miro, Gianpiero Bocci e Giacomo Chiodini

«Collaudate forme di controllo, che consentono a prefetto e organi di polizia di fare una radiografia molto attenta dell’impresa, con verifiche e scambi informativi riguardanti non solo tutte le figure professionali coinvolte ma, anche, eventuali legami familiari». Chiama così gli strumenti attivati, il prefetto di Perugia Antonella De Miro, quelli attivati con il “protocollo di legalità” firmato insieme al sindaco di Magione, Giacomo Chiodini, alla presenza del sottosegretario all’Interno, Gianpiero Bocci. Scopo è prevenire e contrastare possibili infiltrazioni criminali e mafiose nell’economia, non solo nei settori degli appalti e contratti pubblici ma anche nel commercio, nell’urbanistica e nell’edilizia, anche privata.

Si parla di legalità in senso generale, ma è chiaro che nella mente molti hanno l’inchiesta che ha portato all’interdittiva antimafia su Gesenu e Tsa, firmata proprio dal prefetto De Miro. Anche perché proprio nel territorio magionese insiste la discarica di Borgogiglione. Nel ringraziare il prefetto per la disponibilità e l’attenzione alla definizione del protocollo, il sindaco Chiodini ha voluto proprio sottolineare «l’importante lavoro che sta facendo la prefettura nell’affrontare la complessa vicenda Gesenu in cui le problematiche affrontate nel protocollo dimostrano tutto il loro valore».

Non ci sono isole felici Il protocollo, ha spiegato il prefetto De Miro, «rappresenta un importante strumento di prevenzione e lotta all’illegalità come dimostrato nella positiva esperienza in Emilia. Il forte valore del protocollo per la lotta e la prevenzione alla criminalità organizzata è stato riconosciuto anche dal sottosegretario Bocci: «non esistano più isole felici e non sono accettabili situazioni di mezzo – ha dichiarato Bocci – è indispensabile che ognuno prenda una posizione netta contro l’illegalità».

Come funziona il protocollo All’interno del protocollo si sottolinea la necessità di impedire che organizzazioni criminali, pur estranee al contesto umbro ed operanti in altre aree territoriali del paese, possano rinvestire i propri illeciti profitti nel territorio, anche attraverso l’infiltrazione in specifici settori dell’economia locale. Che non si tratti solo di ipotesi, si spiega nel protocollo, lo dimostrano le recenti indagini e provvedimenti giudiziari che hanno evidenziato, anche in Umbria, infiltrazioni della malavita organizzata mafiosa in diverse attività. Oltre all’edilizia, da sempre tra i settori più a rischio, sono state riscontrate infiltrazioni mafiose anche nel commercio e nei settori che si occupano di intrattenimento.

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