(foto Costanzi)

di Iv. Por. e Chia.Fa.

«Eravamo al theatre La Gaite lyrique, all’inizio ci dicevano, ‘se uscite state attenti sparano in strada’, poi hanno chiuso le porte e siamo rimasti bloccati all’interno fino alle tre». Arrivano da Parigi le testimonianze degli umbri che hanno vissuto da vicino la terribile notte degli attacchi terroristici. Molti di loro hanno rassicurato amici e parenti con il Safety Check di Facebook. Al momento si hanno notizie solo di due italiani coinvolti, un ragazzo e una ragazza di Senigallia rimasti feriti.

Anche l’Umbria in lutto

Orrore e preoccupazione L’orrore che ha investito tutto il mondo è entrato nelle case di tutti, venerdì sera, dai mezzi di informazione o dai social network e il pensiero di molti è andato agli amici o parenti che si trovavano nella capitale francese. Le notizie che, minuto dopo minuto, vedevano accrescere il numero di morti fino oltre 120. L’angoscia per gli ostaggi del Bataclan o per le migliaia di persone intrappolate dentro lo Stade de France hanno toccato tutti. Ma di più chi non aveva notizia dei propri cari. Tanti la hanno avuta attraverso lo strumento messo online da Facebook a tarda sera: una spunta verde per dire: sto bene.

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«Ci dicevano, se uscite state attenti sparano in strada» Diego, 38 anni, originario di Spoleto, ma ormai romano d’adozione, venerdì sera era al teatro La Gaite lyrique: «Il posto è a due passi da Place de la Republique, praticamente nella red zone, c’era una maratona di musica elettronica minimalista. Come tutti i presenti siamo stati avvertiti da chiamate e messaggi di amici e familiari preoccupati per noi, ma fino alle 22 la situazione non sembrava seria, poi pian piano l’aria s’è fatta pesante: non ci facevano avvicinare alle finestre, grandi vetrate ottocentesche che affacciano sulla strada e chi voleva uscire veniva avvertito di fare massima attenzione ‘perché – dicevano – sono qui vicino e sparano alla gente per strada’. Pochi minuti dopo hanno chiuso le porte e siamo rimasti tutti bloccati all’interno anche se i concerti continuavano era ormai un’altra storia: distribuzione di acqua e snack gratuiti, apertura di tutte le sale, compreso pub e biblioteca, per assicurare spazi più adeguati. Verso le tre del mattino hanno iniziato a far uscire la gente dal retro a piccolissimi gruppi, ma in molti sono rimasti dentro perché non c’erano modi di tornare a casa: taxi occupati, uber bloccato con avviso ’emergenza: state a casa’, metro chiuse, autobus fermi. Alla fine verso le 4 siamo riusciti a prenotare un uber: ci ha portato a casa un certo Abdullah, un distinto arabo islamico con barbetta e berlina nera, era più scioccato di noi per quello che aveva visto e gli avevano raccontato altri clienti, alcuni dei quali rientravano dal Bataclan».

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Non cedere al terrore Tra le testimonianze quella di Gianluca di Gualdo. «Il giorno prima – racconta – brindavamo in uno dei locali al compleanno di un amico. Sono scioccato al pensiero che il giorno dopo almeno 20 persone sono state uccise là dentro. Viviamo in un mondo pazzo, dobbiamo apprezzare ogni secondo della nsotra vita ma non cedere davanti al terrore. Il pensiero va alle famiglie di chi non c’è più». Il perugino Luigi fa il cuoco: «Abito poco distante da Place de la Republique e dalla zona degli attentati, sono tornato a casa e sto bene. Bastardi, che hanno fatto a Parigi».

«Allontanati da un locale e rientrati a piedi, siamo stati fortunati» Anche Marta di Perugia, a Parigi per un viaggio di piacere, racconta la serata di venerdì sera: «Noi – spiega – eravamo al teatro Point Virgule verso le 22.40, è entrato qualcuno dicendo che c’era un ordine di immediata chiusura di ogni posto pubblico e di andare immediatamente a casa. Ci hanno segnalato i punti che erano chiusi del centro di Parigi, ma noi potevamo andare a piedi e ci siamo incamminati a casa. A quell’ora c’era ancora chi non si era reso conto di cosa era accaduto: c’era chi beveva vino e chiacchierava, mentre altri locali già stavano chiudendo. C’era un clima sospeso tra incoscienza e non informazione, a noi hanno subito detto che c’erano 18 morti quindi ci siamo allarmati e siamo scappati. Per fortuna Google maps, dal teatro Le Point Virgule dove eravamo ci ha fatto passare per il Centre Pompidou per arrivare a Rue Marie Stuart, dove alloggiamo. Abbiamo avuto molta fortuna perché quello era il tragitto più corto altrimenti saremmo potuti finire a Les Halles, che dista solo 500 metri da dove eravamo. Appena rientrati in casa abbiamo acceso la tv e abbiamo visto che pochi minuti prima avevano sparato a Les Halles. Sabato mattina invece il mio fidanzato, visto che noi non avevamo niente da magiare perché alloggiamo in una casa privata, è uscito e quando mi ha detto che era tutto tranquillo sono uscita anche io. Qui la vita stamattina è come ieri: tutto aperto. Ovviamente c’è molta polizia e il nostro quartiere è molto vicino a Les Halles, ma i francesi sembrano voler andare avanti sin da subito».

Giovane chef umbro: «Barricati in casa» Sebastiano ha 21 anni, è nato e cresciuto a Spoleto, dove la famiglia gestisce una storica trattoria del centro storico, e dal marzo scorso vive a Parigi dove lavora come chef de partie al Terroir Parisien di Rue Sait-Victor a circa 4 chilometri da Bataclan, nel centro della capitale francese. Il giovane spoletino venerdì sera non era in servizio: «Vivo nel 15esimo arrondissement – racconta – ed ero in casa con altre persone quando i nostri telefoni hanno iniziato a squillare, eramo amici parigini che ci dicevano di non uscire. Ci siamo subito barricati nell’appartamento e qui siamo rimasti finora (alle 12.30 di sabato), ma pensiamo di uscire anche per protestare, del resto con gli attentati si vuole proprio creare un clima di paura, terrorizzando le persone e allontanandole delle capitali europee. Se conto di rientrare in Italia? No, non credo proprio che abbandonerò Parigi, anche perché mi sta offrendo molte possibilità».

A Parigi anche Eugenio, ternano di 32 anni: «Io e la mia compagna abitiamo attualmente nel XII arrondissement e venerdì sera abbiamo deciso di rimanere in casa. Di solito usciamo a cena con altri amici italiani che abitano proprio vicino a Bastille, a Boulevard Richard Lenoir, purtroppo a un tiro di schioppo da Boulevard Beaumarchais dove è avvenuta una delle sparatorie. Dato che eravamo in cerca di una nuova sistemazione abitativa, proprio sabato scorso siamo andati a vedere un appartamento lì. E in settimana un altro vicino alla metro Voltaire, proprio a due passi dal Bataclan. Inoltre il ristorante Le Petit Cambodge, nel X arrondissement lo conoscevo poiché me ne avevano parlato bene i miei colleghi che ci sono stati e probabilmente saremmo stati loro clienti a breve. Per non parlare di Les Halles che è proprio dietro il mio ufficio e dove sia io che Lucrezia transitiamo quotidianamente o la stessa Republique, piazza enorme e vero punto di ritrovo dei parigini, non da ultimo subito dopo i fatti di Charlie Hebdo del gennaio scorso. Insomma, tutto ciò per dire che potevamo benissimo essere coinvolti anche noi in quanto successo e che una situazione di questo tipo non può di certo farti dormire sonni tranquilli. Pensare che ieri pomeriggio verso le 16 ero in Boulevard Beaumarchais mi fa venire i brividi. E ripensi al gennaio scorso, a quando già avevi vissuto le stesse giornate al grido “on est tous Charlie”, dicendoti che cose possibili non possono accadere al giorno d’oggi e riflettendo sul fatto che un massacro cosi terribile non poteva succedere di nuovo, che Parigi già aveva pagato. E invece no. Invece è successo molto di peggio. Se prima erano stati colpiti dei bersagli precisi, già minacciati o comunque nel mirino da tempo questa volta cosi non è stato. Hanno sparato apparentemente senza criterio, se di criterio si può parlare quando si spara su civili inermi ed innocenti. Quello che voglio dire è che questa riflessione ti fa ancora più paura perché ti rendi conto che poteva succedere a te, potevi esserci te al posto delle vittime colpite. Ti riscopri di nuovo impotente, immobile, invitato caldamente da un comunicato del comune a rimanere in casa a meno di necessità impellenti, fino a prossimo ordine. Appena saputa la notizia siamo ripiombati in quello stato di terrore che avevamo già vissuto per Charlie Hebdo, subito mano al telefono per confortare la famiglia a casa in Italia, gli amici sparsi per il mondo e a contattare gli amici su Parigi per sincerarci delle loro condizioni. A parte lo Stade de France che sta fuori, a nord verso Saint Denis, noi rispetto agli altri luoghi siamo abbastanza vicini, tra 1 e 3 km più o meno. Insomma distanze non impossibili più che copribili a piedi, come spesso ci capita per andare a trovare i nostri amici a Bastille. Di certo Parigi ci ha offerto tanto da un punto di vissta professionale, cosa che purtroppo al momento l’Italia non può offrirci, però allo stesso tempo ti domandi, dopo quasi 2 anni se davvero ne valga la pena sforzarsi e convincersi di andare avanti di fronte ad accadimenti simili e sapendo che in Italia ci sono le rispettive famiglie in ansia e magari anche consapevoli del fatto che tutta la verità non viene detto per cercare di tutelarsi a vicenda. Ora aspettiamo qualche tempo per ponderare e per non prendere delle decisioni a caldo sul nostro futuro, sapendo che ormai la Francia e Parigi ci hanno dimostrato che non sono più luoghi dove poter stare al sicuro».

Chi è in Francia eviti spostamenti Intanto il ministero degli Esteri ha aggiornato sul sito web Viaggiare Sicuri le indicazioni rivolte ai connazionali che si trovano in Francia. La Farnesina invita «i connazionali ad attenersi alle indicazione delle autorità locali e ad evitare ogni spostamento. In caso di emergenza contattare il consolato generale», conclude la nota.

Twitter @irvine76 e @chilodice

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