Il teatro 'Verdi'

Adesso, dopo averlo minacciato di denuncia, manca solo che ad Enrico Melasecche, consigliere comunale di ‘I Love Terni’, venga affibbiato il marchio di menagramo.

Il teatro perde i pezzi Solo qualche giorno dopo la sua denuncia sulla condizioni precarie in cui versa il teatro Verdi, infatti, alcuni pezzi di intonaco della parte esterna della torre scenica si sono staccati e sono venuti giù. Cadendo su due auto in sosta e, per fortuna, vuote.

La denuncia Melasecche aveva denunciato che, riguardo al teatro Verdi e alla sua ristrutturazione, «mai si era vista una cosa del genere. Come si fa a spendere danaro pubblico su un’opera così significativa senza neanche un’idea della soluzione finale?». Di solito, aveva detto, «prima si discute del progetto architettonico da realizzare, del meccanismo finanziario, si studia la fattibilità ed il progetto preliminare, infine, procedendo per stralci, possibilmente funzionali, si procede con gli esecutivi e con gli appalti fino all’inaugurazione. Ebbene a Terni siamo stati capaci di fare esattamente il contrario di ciò che si fa in tutto il mondo civile».

IL TEATRO IN ATTESA DEI LAVORI

Il progetto Per il recupero del Verdi è previsto che quella torre scenica venga demolita e rifatta, ma il teatro, accusa il consigliere comunale, «è abbandonato al suo destino da anni, il cui ci si è preoccupati però di costruire il teatrino di famiglia, il Secci (la quarta struttura nella fascia da 100/250 posti, dopo Palazzo Gazzoli, il Carmine e Palazzo Primavera in una città da 110.000 abitanti) in un narcisismo dei tecnici senza che la mediocrità della politica sia stata in grado di dare uno straccio di indirizzo».

IL VERDI VISTO DA DENTRO

Gli interventi Melasecche racconta anche, da suo punto di vista ovviamente, la storia: «Tre interventi; si inizia con il pronao, un piccolo pezzo del solaio crollato giustifica un’operazione da ben oltre 300 mila euro, ma con l’umidità che sta risalendo dappertutto. Non basta un tinteggio costoso a coprirla perché dopo pochi mesi tutto è da rifare». Il ‘ridotto’ o foyer, «frutto del rimaneggiamento e del gusto discutibile post bellico è stato risistemato prescindendo dall’estetica del teatro che verrà: ottocentesco all’italiana o modernissimo». Dopo tante polemiche, «con una delibera bislacca, basata su errori madornali e violazioni urbanistiche ed edilizie, votata da quel consiglio comunale allo sbando, iniziano i lavori di consolidamento di un cinema-teatro, mantenendo la galleria costruita a fine guerra. Si va al buio e senza aver deciso l’idea progettuale conclusiva. Adesso il nuovo assessore, che almeno architetto è, dichiara: ‘Niente più galleria del cinema, torniamo al teatro all’italiana’. Ricominciamo quindi da capo come al gioco dell’oca». Però, intanto, vengono giù i pezzi.