Coronavirus, foto by JC Gellidon Unsplash

di M.T.
Non bastassero i segnali noti di liste d’attesa e personale qualificato in fuga, un altro fenomeno misura la temperatura della crisi della sanità umbra: è quello dei medici a gettone. L’ultima spiaggia quando non sai proprio dove mettere le mani per tamponare le emergenze e sei quindi disposto anche a pagarli di più. Un sistema che, negli ultimi tempi, ha conosciuto una crescita, in Umbria come in altre regioni e che, la Corte dei conti sottolinea essere a danno del cittadino: sia per l’alto costo che per la ridotta qualità del servizio sanitario.

Cosa succede Vale a dire che il medico rimbalzato di qua e di là, ovunque ve ne fosse necessità, non riesce a garantire quella continuità assistenziale che è garanzia per il paziente. In Umbria, il fenomeno, è presente nel 33% dei degli ospedali. Una percentuale paragonabile a quella della Lombardia (35%), superiore a quella del Lazio (20%) regione nella quale il procuratore Pio Silvestri ha parlato di questione «esplosa in tutta la sua problematicità mettendo in rilievo le difficoltà in cui opera, a causa della mancanza di personale e di retribuzioni non sempre adeguate, il personale medico del servizio pubblico». In Piemonte, dove la percentuale degli ospedali che fanno ricorso a medici a gettone è del 50% , la presidente della Sezione controllo della magistratura contabile, Maria Teresa Polito, ha deciso di scrivere al ministro Schillaci per sollevare l’allarme: «Questa situazione, che i dirigenti ospedalieri conoscono bene ma non riescono ad arginare sta assumendo livelli allarmanti: occorrono soluzioni tempestive per porvi rimedio, le assunzioni periodiche e temporanee fino al 2026 del personale sanitario, ad esempio, non possono considerarsi delle soluzioni adeguate rispetto agli investimenti individuati per la creazione delle case e degli ospedali di comunità». Già perché se attualmente il fenomeno registra percentuali così alte, quando la sanità di territorio sarà realtà, moltiplicando i presidi sanitari, potrebbe diventare fuori controllo.

Fenomeno in Italia Fotografando l’indagine prodotta da Simenu per La Stampa, con i dati risalenti a giugno 2022, Friuli, Marche e Molise vedono coinvolti il 100% dei propri ospedali nel fenomeno dei medici a gettone, al 70% il Veneto, al 60% la Liguria, al 50%Piemonte, Toscana e Sardegna, al 40% la Puglia, l’Emilia è al 37% di strutture sanitarie coinvolte, quindi la Lombardia con il 35%, l’Umbria come detto con il suo 33% poi il Lazio al 20%, la Campania al 17%, mentre Valle d’Aosta, la Provincia di Bolzano, la Basilicata, l’Abruzzo, la Calabria e la Sicilia, non risultano avere strutture che fanno ricorso ai medici a gettoni. Sanitari che, così, hanno possibilità di maggiori guadagni arrivando a prendere fino a 90 euro di paga oraria, per un fenomeno che riguarda anche i pronto soccorso. Sempre l’agenzia Simenu, stabilisce che in Italia sono 15 mila i medici che lavorano a gettoni, per 18 milioni di prestazioni fornite ogni anno. Si tratta di medici ospedalieri andati in pensione, medici che si sono licenziati dagli ospedali pubblici, o liberi professionisti con doppio lavoro ma anche di medici stranieri non ammessi ai concorsi pubblici che escludono chi non ha la cittadinanza o ancora neolaureati in attesa della specializzazione.