Il dissidente libico Salem Bunuara

di M.T. 

«Per capire la Libia oggi devi metterti nei panni di chi rimane senza luce ed energia elettrica per 18, 20 ore al giorno, non riesce a comunicare con nessuno, non ha riscaldamenti anche in luoghi in cui ora c’è la neve, non ha lavoro, i figli non possono andare a scuola perchè chiuse, chiusi sono anche gli ospedali e se hai un ammalato in casa è un grande problema. Oltre a quello di procurarsi da mangiare. Consapevole che da un momento all’altro la situazione può peggiorare drasticamente per via della violenza dell’integralismo islamico». In contatto telefonico con Umbria24 c’è Salem Bunuara, dissidente del regime di Gheddafi, «appartenente al nuovo parlamento di Tubruq – spiega – fratello di due esponenti della politica locale, un responsabile della Sicurezza e uno della Sanità, che sono con le mani legate, non hanno nessuno strumento per operare».

L’intervento armato dell’Italia Salem Bunuara che ai tempi delle rivolte libiche contro Gheddafi ha operato in collegamento con altri esponenti libici in Europa e nel mondo per il ribaltamento del regime ha deciso di scrivere al premier italiano: «Ho scritto a Renzi per chiedergli un immediato intervento armato dell’Italia. Siamo un Paese – dice – che non può permettersi di lasciare lo scenario alla Francia o ad altre forze. Ho scritto di fare presto, di non ripetere l’errore di prima, lasciando agire la Francia per poi arrivare secondi. Dobbiamo capire che occorre subito intervenire con una forza aerea contro questi integralisti dell’Isis. Ogni soldato italiano vale per 15 di questi uomini armati artigianalmente. Se non facciamo la nostra parte come Italia è inutile poi che rivendichiamo il nostro ruolo nell’economia della Libia».

Avanzamento Isis Salem Bunuara, «in contatto in questi giorni con i familiari in Libia», prova a spiegare l’attuale situazione e l’avanzamento dell’Isis. «La situazione del Paese è molto complicata. Milizie islamiche armate si fanno battaglia gli uni contro gli altri per ragioni ideologiche politiche ma anche economiche. Questi uomini dell’Isis sono giunti in Libia dal sud, hanno percorso 3 mila chilometri con agevolazioni da parte di paesi come il Sudan. Sono quelli in fuga dalla Siria e dall’Iraq. E, arrivando in Libia, trovano terreno fertile, giovani ideologizzati che abbracciano il ‘Jihad’. Ora hanno preso posizione verso Sirte, occupando palazzi importanti, ma il loro obiettivo attuale è la conquista di Tripoli e Misrata. Vogliono prendere il comando del paese. Dobbiamo comprendere che qui c’è stata la primavera araba ma non c’è stato mai un esercito. Il parlamento riconosciuto a livello internazionale è a Tubruq. Bisogna aiutare le istituzioni libiche, ora che l’Isis conta ancora pochi uomini ma tanti potenziali seguaci. Potremmo dire che al momento sono poco più di due mila tra Derna, Sirte e Tripoli. In giro si vedono alcuni elementi ma ancora non è evidente una presenza fisica imponente».

Isis a sud di Roma Il rischio per l’Italia. Qui c’è chi titola l’Isis è a sud di Roma, è una esagerazione? «Assolutamente no. La Libia è la porta verso l’Europa e particolarmente verso l’Italia. Questi dell’Isis sono consapevoli che da lì a qui il passo è molto breve e Roma, l’italia sono il vero obiettivo. La loro grande debolezza ad oggi è che ovunque hanno preso le armi non sono mai riusciti a impossessarsi di una forza aerea. La Libia sta provano a dotarsene con aiuti provenienti dalla Russia. Ma siamo ancora lontani dal potere considerarci efficaci. L’Egitto è l’unico Paese al momento che sta provando a fronteggiarli, dopo il massacro che questi hanno compiuto contro i 21 copti. L’Italia deve fare presto e soprattutto deve andare ad affondare quelle barche nei porti al di là del Mediterraneo che possono rappresentare la strada facile e breve per malintenzionati che potrebbero portare a termine operazioni di terrore qui. Questa è una operazione a basso costo, da fare subito, prima di disegnare grandi strategie. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che per quanto siano male equipaggiati, hanno in dotazione vecchie armi e camion, sono fortemente foraggiati da paesi come Qatar e aggiungo che anche la Turchia ha un ruolo per cui a mio avviso non dovrebbe neppure sognarsi di entrare i Europa»