Il direttore di Charlie Hebdò interviene al Festival internazionale del giornalismo a Perugia. Ecco il testo del suo intervento.
«Buongiorno a tutti, vi ringrazio per l’invito. Purtroppo come sapete quello che è accaduto a gennaio ha messo Charlie diciamo in gran difficoltà? Mi piacerebbe essere lì con voi a Perugia. Tra l’altro conosco già Perugia, una bella città. Però sono obbligato a rimanere a Parigi che è bella lo stesso. Quindi grazie a voi. Vorrei dire qualche parola perché a Charlie abbiamo continuato a fare quello che abbiamo sempre fatto. Perché abbiamo voluto, anche se quello che è accaduto è terribile, abbiamo voluto andare avanti perché vogliamo far capire a tutti non soltanto ai francesi, ma a tutti gli europei, a tutta la gente del mondo, a tutti i democratici del mondo che esercitare un diritto non è una provocazione. Siamo stati spesso accusati di essere provocatori, perché abbiamo usato il diritto della libertà di espressione, della libertà di satira, della libertà di caricatura, e della libertà di blasfemia. La blasfemia per noi è importante non perché è un piacere di bestemmiare, anche insultare il potere divino. E’ importante perché è una forma di contestazione dell’autorità. E questo in democrazia è fondamentale. Se una democrazia proibisce la blasfemia, se la punisce con la legge non è più una democrazia. Perché punisce la contestazione dell’autorità. Per noi è questa una delle ragioni per cui abbiamo deciso di continuare. Perchè quello che è stato colpito non è soltanto la libertà di espressione, la laicità, la libertà di ridere e di sentire, è il cuore dell’idea politica della democrazia, della contestazione, della possibilità di contestare e della possibilità del dibattito. Abbiamo visto con l’attentato a Copenaghen che questa gente, il dibattito, non lo vuole, lo rifiuta. E questo non è possibile. Se rifiutiamo il dibattito siamo morti. E noi siamo sempre vivi».