Un treno Fcu

Treni lumaca e viaggi ancora più lenti del solito. Il limite a 50 km/h imposto dal 1 ottobre dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (a seguito di un decreto ministeriale del 5 agosto, successivo all’incidente avvenuto in Puglia) sta rendendo la vita impossibile ai passeggeri della Ferrovia centrale umbra. Nonostante le rassicurazioni dell’assessore regionale Giuseppe Chianella e di Umbria mobilità sul fatto che il limite durerà solo qualche giorno, in quanto la Fcu è un’infrastruttura sicura, per il momento gli spostamenti sono simili a via crucis per i pendolari, con tempi dilatati, e anche i sindacati alzano la voce.

Fcu e la tegola dei limiti Le segreterie regionali di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt-Uil, Faisa–Cisal, Orsa e Fna-Ugl, esprimono «estrema preoccupazione» per la situazione «già tutt’altro che rosea», per cui si rischia «di compromettere ulteriormente un servizio già pesantemente indebolito dalle difficoltà societarie attraversate dalla compagine gestrice dell’infrastruttura Umbria mobilità spa». I sindacati riferiscono di riunioni in Prefettura sul futuro di Fcu, che dovrebbe passare entro fine anno sotto la gestione di Rete ferroviaria italiana per essere adeguata agli standard nazionali. «Pur avendo ricevuto in merito alcune risposte da parte della Regione, che si è impegnata a sottoscrivere un protocollo a garanzia dei lavoratori, alle altre questioni da noi poste e rimaste irrisolte – affermano i sindacati -, si è improvvisamente aggiunta in maniera dirompente, la tegola delle prescrizioni sopra ricordate. Ora, come rappresentanti dei lavoratori, si considera a dir poco surreale il fatto che, di fronte a una circolare che impone limiti derivanti dalla sicurezza, non si trovi altra soluzione che quella di ridurre la velocità di esercizio a 50 km orari, e inoltre di arrestarsi ad ogni passaggio a livello non munito di segnaletica, con la conseguenza di una allungarsi della durata del viaggio, e ancora più surreale appare il fatto che, essendo datato 5 agosto, nessuno aveva previsto gli effetti dirompenti del decreto ministeriale sopracitato».

Si rischia colpo di grazia Secondo le sigle sindacali «questa vicenda rischia di affossare, anzi, di azzerare il trasporto su ferro in Umbria, scoraggiando ulteriormente i clienti e generando una situazione difficilmente recuperabile anche negli anni futuri, proponendo, peraltro, un servizio non assolutamente all’altezza delle tariffe applicate che, anzi, dovrebbero essere riviste in modo da rendere il servizio appetibile e competitivo rispetto alle altre modalità di trasporto. Il tutto crea notevoli disagi anche agli addetti del settore, dipendenti sia di Umbria Tpl e Mobilità per quanto riguarda la gestione dell’infrastruttura ferroviaria, circa 45 unità, sia di Busitalia per quanto riguarda il personale viaggiante dei treni, circa 85 unità, rischiando di metterne a repentaglio i posti di lavoro. Pertanto – concludono i sindacati – non si può non richiamare tutti i soggetti coinvolti alle loro responsabilità, chiedendo alle dirigenze di Umbria Tpl e Mobilità Spa e di Busitalia Sita Nord Srl, di trovare soluzioni rapide e condivise, assumendosi là dove necessario anche responsabilità importanti poiché è questo il ruolo che compete a dirigenti seri e affidabili».

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