Il cardinale di Boston O' Malley

di Maurizio Troccoli

Sono momenti di forte concitazione e, per quanto se ne dica o per quanto possa essere credibile ai più scettici, sono momenti di preghiera per i porporati chiamati a scegliere il successore di Pietro e di Ratzinger al soglio pontificio. Sveglia di buon mattino, preghiera delle lodi, messa per l’elezione del nuovo Papa e trasferimento nella residenza Santa Marta in Vaticano, queste le azioni che precedono all’ingresso in conclave previsto per le 16.50 di oggi, martedì 12 marzo.

FOTOGALLERY. I PAPABILI

La fiducia nello spirito santo «E’ la scelta più importante della nostra vita», ha commentato uno dei papabili Sean Patrick O’ Malley, il francescano cappuccino, arcivescovo di Boston, balzato alle cronache per aver venduto il palazzo vescovile ed essere andato a vivere in una umile residenza al fine di risarcire le vittime di pedofilia. Sean Patrick O’ Malley è anche il favorito tra i curiosi del conclave, credenti e non, per essere la figura più suggestiva e l’incarnazione più radicale del desiderio di cambiamento e di trasparenza all’interno della curia romana. C’è chi gli ha già affidato il nome di Francesco I, il primo papa francescano. Sono ore di attesa, ma anche di scommesse tra i vari nomi considerati meritevoli di succedere a Papa Benedetto XVI, segno di una «chiesa in crescita» ha commentato un cardinale, visto il significativo numero di ‘concorrenti’.

I contenuti prima del nome E se c’è chi punta sui nomi c’è chi non si sottrae a una analisi differente che tenga conto dei contenuti dietro i quali possono spuntare dei nomi che più rappresentano le ’emergenze vaticane’. Potrebbe essere forse questa la strada che si apre in conclave per designare il successore di Pietro. D’altronde la storia non smentisce lo strumento visto che a seconda dei tempi e degli impegni da affrontare la chiesa ha compiuto scelte più conservatrici o più riformatrici, come è avvenuto con Papa Giovanni Paolo II, alla vigilia dell’apertura della frontiera ad Est dell’Europa, o come è avvenuto con papa Ratzinger quando si è avvertita l’esigenza di una figura di transizione che traghettasse la chiesa verso un rinnovamento senza però stravolgere gli equilibri all’interno delle mura leonine. Completa o non che sia la transizione, la chiesa approda al confronto con un mondo che la giudica, la comprende poco e con notevoli difficoltà e la giustifica molto meno che in passato. La chiesa riunita nelle congregazioni che hanno preceduto il conclave non si è risparmiata auto accuse, allarmi e schiaffi, rispetto all’immagine costruita in questi anni e a una certa ortodossia che sa di conservazione, chiusura e insabbiamento.

L’agenda vaticana E’ ovvio quindi che almeno in questa parte di mondo, occorre fare i conti con le dinamiche e le problematiche che alcuni cardinali hanno chiesto di mettere in cima all’agenda ancorchè ci fosse la volontà da parte dei più conservatori di relegarli ai margini, come il problema dello Ior, la banca vaticana e della necessità di trasparenza che è strettamente legata all’apertura della banca vaticana agli organi di controllo. Quindi il caso Vatileaks, ovvero il dossier sfuggito dal controllo della curia e finito in pasto ai giornalisti e all’opinione pubblica mondiale, ancorchè non svelato nei dettagli, ma sul quale cresce l’attenzione da parte dei porporati che implorano trasparenza. E poi la questione della pedofilia nella casa di dio e il conseguente insabbiamento che vede molti nomi di porporati negli elenchi delle associazioni delle vittime che hanno persino chiesto che il papa finisse alla sbarra al tribunale dell’Aia. Esigenze di rappresentanza all’interno della curia romana rispetto alle dinamiche che appartengono al popolo di Dio. Esemplare il caso del cattolicesimo in America Latina, il continente che ha più fedeli, più battezzati e dove la religione cattolica continua a crescere mentre non cresce la sua rappresentanza all’interno dei veritici vaticani.

La rappresentanza Nel dibattito tra i cardinali si pone al centro il tema dell’ecumenismo e della carità, dell’inculturazione e del dialogo con l’Islam, temi che hanno a che fare con il governo politico della chiesa, con la sua capacità di rompere la geopolitica del pianeta e penetrare i terreni fecondi di quei paesi e quei territori dove il potere globale non guarda, ma dove le emergenze e le povertà chiedono sostegno e attenzione. Che poi si traduce in proseliti e possibilità di essere chiesa viva nel terzo millennio. E poi ci sono i temi delle aperture: quindi la bioetica, il grande tema dell’omosessualità, delle contraccezioni o persino del matrimonio per i sacerdoti cattolici di santa romana chiesa. Ecco questo è, con estrema sintesi, lo scacchiere dentro il quale muovere le pedine giuste perchè emerga il profilo del pontefice che indichi la strada per la chiesa.

Un papa carismatico Se su un punto è possibile scommettere con buone possibilità di successo per provare a immaginare chi sarà il successore di papa Benedetto XVI, è quello del carisma. La chiesa in questo momento non può rinunciare a una figura carismatica, che «sappia parlare con il sorriso», come ha detto il Cardinale di New York Timothy Michael Dolan, anche lui tra i papabili. Insomma una figura alla Woytila più che alla Ratzinger, e magari che non sia troppo in là con l’età così da dare il tempo alla chiesa di avere un governo, viste le critiche mosse ai papa ‘vittime dei sostituti’ per la lunga malattia di Giovanni Paolo Secondo e per il polso duro della segreteria di stato durante la guida di Benedetto XVI.

I favoriti Tenuto conto di questi scenari c’è chi lancia in pool position, il cardinale di Milano Scola e quello di San Paolo del Brasile, Sherer, quest’ultimo dato in discesa, dopo l’intervento di lunedì in congregazione, a difesa dela curia sulle questioni dello Ior. Scola sostenuto dai progressisti e dagli stranieri, Sherer invece sostenuto dalla curia e da molti italiani, tra cui Bertone. C’è chi da 35-40 voti a Scola e chi è arrivato a contarne circa 50. Gli stessi voti che avrebbe avuto – secondo le cronache – Ratzinger al suo ingresso in conclave. Quelli cioè che possono chiudere in breve tempo il conclave con il nome del nuovo. C’è quindi chi crede in questa prima opzione  (i book maker più accreditati lo danno al 34%) se si dovesse confermare il forte suffraggio iniziale a Scola, temuto e avversato dall’ala di Bertone e della curia.

Le novità di questo conclave A differenza degli scorsi conclavi però l’ostruzionismo può essere portato avanti a oltranza perchè anche in caso di ballottaggio occorrono i 2/3 dei voti, quindi 77 preferenze e non più la maggioranza più uno, come era previsto allo scorso conclave. Questo fa capire ai porporati che è inutile insistere su un nome, se dopo alcune votazioni quel nome non coagula a se altre frange. E’ pensabile quindi che se entro giovedì continuano le fumate nere i cardinali in conclave valuteranno l’opzione dell’outsider, che sarebbe qualcosa che assomiglia al ‘caso Bottiglia’ ovvero la frase pronunciata da un cardinale in conclave che non aveva capito il nome di Wojtyla e chiese al porporato al fianco «chi è bottiglia?», quando il nome del futuro papa conquistava sempre più voti nella cappella Sistina.

La scelta di mediazione Ma prima di addentrarci nelle ipotesi post fumate nera vediamo quali figure potrebbero essere in gioco i primi giorni. Sul fronte curia i nomi più gettonati potrebbero essere quello di Scherer, ma anche quello di Sandri, il cardinale che prestò la voce a Giovanni Paolo Secondo nei suoi ultimi giorni e che ne annunciò al mondo il ‘transito’. Sul fronte opposto, quello più radicale, quello cioè che chiede massima trasparenza della curia, che vuole le carte del dossier Vaileaks e la ferma condanna dei preti pedofili, ovvero lo schieramento americano che avrebbe tra i più papabili innanzitutto il cappuccino O’ Malley che piace anche ai porporati dell’America Latina e poi il cardinale Dolan. Insomma i secondi garantirebbero sul fronte della riforma e dell’innovazione della chiesa, ma non su quello del governo. Si potrebbe dunque puntare su figure di mediazione, che hanno espresso bisogno di cambiamento e di apertura ma che non sarebbero invise alla Curia: tra queste innanzitutto il canadese Ouellet, il messicano Ortega, il brasiliano De Aviz, l’onduregno Maradiaga. Forti nella ipotesi della figura di mezzo sarebbero anche l’ungerese Erdo e l’austriaco Shoenborn. L’effetto sorpresa invece potrebbe chiamare in gioco il papa nero e quindi gli africani, in ordine: Turkson, Sarah, Pasinya e Arinze, quindi il filippino Tagle o il singalese RanjithPatabendije Don.

Il papa si fa in conclave  Michelangelo disse che il David era già presente all’interno del blocco di marmo e che a lui toccava soltanto tirarlo fuori. Il cardinale O’ Malley ha detto che Dio ha già scelto e che ai cardinali tocca pregare perchè si compia la sua volontà. C’è chi sostiene che non bisogna confondere l’influsso dello spirito santo con la forza della suggestione e quindi la scelta del papa non può non passare attraverso la fatica del confronto e della scelta. Tutti i cardinali concordano in un conclave che dia, in tempi brevi, il nome del successore di Pietro e non trasmetta l’immagine di una chiesa strozzata dal gioco politico dei fuochi incrociati delle correnti. Obbedienza farà rima con cambiamento?