di Daniele Bovi
«I terroristi sono scarafaggi che non possono vincere». Usa parole forti Abdel Qader, imam di Perugia che insieme ad altre centinaia di persone sabato pomeriggio ha partecipato alla commemorazione delle vittime di Parigi.
Noi vittime «Le prime vittime di questo terrorismo – ha aggiunto – siamo noi, noi siamo nell’occhio del ciclone; noi subiamo coloro che proclamano a nome dei mussulmani senza avere questo diritto: loro proclamano a nome del diavolo». Convocata meno di 24 ore prima, alla manifestazione voluta dalla comunità francese umbra e alla quale hanno aderito istituzioni e associazioni, dall’Arci a Progetto Immaginario fino alla Rete delle donne antiviolenza, hanno partecipato in tanti. C’è chi porta il cartello con su scritto «Je suis Charlie», chi alza al cielo le matite, chi accende candele «perché la luce della vita è più forte della morte». Il tutto in luogo dal forte valore simbolico per la comunità francese, ovvero piazza della Repubblica, ‘gemella’ della parigina place de la Republique dove tanti francesi si sono radunati nelle scorse ore: «Per noi – dice uno degli organizzatori – piazza della Repubblica ha un’enorme valenza; la res publica appartiene a tutti noi, anche se siamo diversi».
La comunità islamica Tutt’intorno la comunità islamica ha appeso cartelli con scritto «L’islam è una religione di pace», «L’islam è contro il terrorismo», «Praticare l’islam non significa essere terrorista». Il nemico comune quindi non è la religione del profeta Maometto ma chi la usa per seminare morte e terrore: «Noi – ha sottolineato Qader dal palco – dobbiamo sacrificare ogni cosa per combattere il terrorismo e combatterlo è facile ma innanzitutto serve la buona volontà. L’islam è una fede di pace e fratellanza e anche le vignette non fanno nessun danno, niente. Mohammed ha subito ben di peggio e molto male nella sua vita». L’appello, oltre che ai fedeli, è anche ai mass media affinché non si generalizzi «per colpire un’intera religione praticata da un 1,7 miliardi di persone». In piazza ad ascoltare ci sono tanti politici, dalla presidente della Regione Catiuscia Marini all’ex sindaco Wladimiro Boccali fino al suo successore Andrea Romizi, sindacalisti, ragazzi, famiglie, francesi da tanti anni in Umbria, uomini e donne di colore, ragazze con il velo e nordafricani.
Il messaggio A rappresentare la Chiesa umbra è monsignor Fausto Sciurpa che ha parlato della Francia come «di una seconda patria». «Quello che è successo – ha aggiunto – ha una profonda valenza simbolica perché tocca la nostra identità profonda. Occorre dissociare il nome di Dio da chi lo strumentalizza, disarmare questa idea di Dio, prendere le distanze da chi ne compromette la santità del nome». Sceso dal palco l’imam di Perugia risponde a qualche domanda dei cronisti e ammette che qualche problema c’è: «L’islam moderato – osserva – non riesce a farsi sentire anche perché non ha i mezzi». Al sindaco Romizi Qader ha chiesto di lavorare insieme mentre venerdì, giorno di preghiera, ai fedeli l’imam del capoluogo umbro ha parlato «del declino dei popoli quando deviano dalla retta via. E noi stiamo andando verso il basso perché non sappiamo autogovernarci, non sappiamo dimostrare la bellezza dell’islam. I fedeli? Sono arrabbiati per quanto successo, parlano delle città distrutte e delle vittime che si registrano nelle città del medioriente, e noi dobbiamo essere attenti e non far entrare in noi pensieri cattivi».
Noi crediamo nelle matite «Quanto è successo – ha detto poi dal palco Marini – colpisce l’Europa al cuore dei suoi valori e qui oggi voglio esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e di tutto il popolo umbro». «Siamo tutti francesi – le ha fatto eco l’assessore comunale Dramane Waguè – e dobbiamo condannare ogni forma di autoritarismo e di terrorismo». Un nemico da sconfiggere insieme a un altro che è, dice Alessandro Riccini Ricci di Progetto Immaginario, «la paura». Riccini poi ha annunciato che venerdì prossimo si terrà un’altra manifestazione di solidarietà che, con un gioco di parole, si chiamerà «Nous croyons aux crayons», ovvero «noi crediamo alle matite». Poi le candele si accendono e la piazza ancora vestita con i colori del Natale tace per un minuto.