Dopo le polemiche di Pd, Cgil e Verdi Sinistra, a seguito dell’invito da parte del vescovo Francesco Soddu a sottoscrivere la raccolta firme organizzata da ‘Pro vita e famiglie’, arrivano anche alcuni messaggi di sostegno. Ad aderire alla proposta di legge sono il ‘Movimento per la vita’ di Terni e le associazioni di medici e ginecologi ostetrici cattolici. La richiesta consiste, sostanzialmente, nell’obbligo per il personale sanitario di mostrare e far ascoltare il battito dell’embrione alla donna che richiede un’interruzione volontaria di gravidanza.

Medici e ginecologi «A livello tecnico – spiegano le associazioni – la rilevazione visiva del battito cardiaco fetale (bcf) può essere effettuata in sicurezza per il feto con gli ultrasuoni (ecografia) nelle prime 10 settimane di gravidanza. Dunque, il battito cardiaco fetale, anche quando non è consigliato rilevarlo acusticamente, può essere chiaramente visualizzato sul monitor dell’ecografo». Dal punto di vista deontologico spiegano: «Il medico è tenuto a rispettare, oltre al diritto della madre ad un consenso informato, anche la dignità del bambino presente e vitale che appare sotto la sonda ad ultrasuoni. Anche se il bambino in utero non fosse considerato ‘soggetto’ di pari dignità, ma soltanto ‘oggetto’ della decisione di altri, è quantomeno doveroso e corretto renderlo visibile per deciderne le sorti».

Consenso informato «La madre deve poter decidere solo dopo essere stata informata in modo completo, a prescindere dal fatto di essere ‘obiettore’ o meno. L’esame ecografico, dunque, pur facendo parte di un percorso finalizzato alla ivg, è parte integrante del consenso informato in quanto apporta elementi conoscitivi essenziali per una scelta veramente consapevole e libera della donna. Quest’ultima ha la possibilità e la facoltà di poter revocare la sua decisione abortiva in ogni fase dell’iter assistenziale e dovrebbe esserle garantita una scelta libera, basata su un regolare e completo consenso informato».

‘Un cuore che batte’ Secondo le associazioni di medici e ginecologi ostetrici cattolici: «Il prevalere mediatico e culturale del principio dell’’autodeterminazione’ in senso assoluto, ha completamente oscurato fino a negarla una presenza umana nell’utero materno. Solo la negazione della presenza di una nuova vita, unica, irripetibile, autonoma nel grembo della donna che diviene madre sembrerebbe giustificare il diritto insindacabile delle sue decisioni e quindi l’equazione: diritto di scelta della donna = diritto di aborto. La campagna per ‘Un cuore che batte’ riporta finalmente alla luce la realtà scientifica della vita umana concepita e viva nel grembo materno. Oscurare deliberatamente questa verità è la prima violenza contro la donna, suo figlio e l’umanità tutta. Rendere evidente alla sua mamma la presenza di una vita umana, indifesa e bisognosa di essere accolta, è atto di corretta deontologia ippocratica e di vera giustizia».

‘Movimento per la vita’ Un’altra realtà Ternana si fa avanti in difesa della raccolta firme e di Soddu: «L’intento pastorale del vescovo è essenzialmente quello di riconoscere la dignità della donna e la sua autodeterminazione a partire da un bene oggettivo, quale la presenza del figlio nel suo grembo. Il riconoscimento di questa verità, non di fede religiosa ma di laico valore, da parte della donna, è l’unica vera condizione per cui la stessa può autodeterminarsi nella piena libertà. Altrimenti rimane vittima di un inganno che le causerà una sofferenza psicologica e psichica (sindrome del post-aborto) per tutta la vita. Noi abbiamo a cuore la vita dei bambini concepiti, patrimonio incommensurabile non solo per la stessa donna, ma per tutta la società. Per questo la nostra Associazione condivide con le mamme in difficoltà questo desiderio che dona gioia vera per sempre, quando non viene represso con una scelta abortiva».

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