Prima la rissa, poi il suicidio. Alta tensione nella casa circondariale di Terni. A denunciare l’accaduto sono i sindacati di polizia penitenziaria che raccontano di una lite violenta tra detenuti, nella quale sono stati feriti anche degli agenti. Una volta sedato lo stato di agitazione «uno dei due autori della rissa mentre era stato spostato in una cella per essere trasferito nell’istituto di Capanne si è impiccato. Vano è stato l’intervento immediato del personale e dei sanitari». Il Sarap, altro sindacato degli agenti penitenziari, denuncia invece «contusioni ed escoriazioni» riportate dal personale a seguito dell’intervento per calmare i detenuti.

La ricostruzione Secondo quanto riporta il segretario Sappe dell’Umbria Fabrizio Bonino: «Nella serata di ieri, una rissa tra detenuti di origine nord africana mette in subbuglio un’intera sezione nel padiglione della media sicurezza. I quattro, presumibilmente ubriachi, prima hanno discusso tra di loro e poi, all’intervento della polizia penitenziaria, hanno aggredito i colleghi con schiaffi e pugni, lanciandogli contro qualsiasi tipo di oggetto, perfino bombolette del gas e addirittura maglie insanguinate. Dopo qualche ora e grazie alla professionalità il personale, rientrato in servizio in un sabato pomeriggio che poteva essere dedicato alla famiglia, è riuscito a riportare la calma. Calma apparente purtroppo: uno dei due autori della rissa, infatti,  mentre era stato spostato in una cella per essere trasferito nell’istituto di Capanne si è impiccato».

Carcere Per il Sarap la situazione nel penitenziario della Conca è ormai insostenibile. «Queste forme di protesta oggi portano la popolazione detenuta ad essere molto incisiva, tentando di influenzare chi dovrebbe dettare metodi e regole per dirimerli. A Terni – scrive il sindacato – la situazione lavorativa è ormai insostenibile e il malumore degli agenti ai limiti. Il Sarap mostra massima solidarietà per i colleghi aggrediti e per tutto quel personale ormai costretto ad operare in situazioni sempre più precarie. Ed è questa precarietà che il 12 ottobre ci vede costretti a scendere in piazza davanti al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a Roma» per rivendicare la dignità del corpo.

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