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L'ufficio immigrazione della questura di Perugia (foto F.Troccoli)

di Daniele Bovi

La data da segnare sul calendario è quella del 19 gennaio, quando il ministro dell’Interno Marco Minniti incontrerà i presidenti delle Regioni con un obiettivo: convincerli a ospitare un Cie, ovvero un Centro di identificazione ed espulsione. Strutture che «non avranno nulla a che fare – ha assicurato giovedì Minniti – con quelle del passato. Punto. Non c’entrano nulla perché hanno un’altra finalità, non c’entrano con l’accoglienza ma con coloro che devono essere espulsi. Ne parleremo alla conferenza Stato-Regioni già convocata per il 19 gennaio. Proporrò strutture piccole, che non c’entrano nulla con quelle del passato, con governance trasparente e un potere esterno rispetto alle condizioni di vita all’interno».

Più piccoli I Cie insomma dovranno ospitare le persone irregolari che le forze dell’ordine riterranno di dover respingere e, secondo quanto emerso in queste ore, lo schema che ha in mente il Ministero è questo: una struttura per regione da 80-100 posti, preferibilmente vicino a un aeroporto (Sant’Egidio?) e controllati da un garante. L’obiettivo di Minniti, memore di quanto successo anni fa con il suo predecessore Roberto Maroni, è quello di evitare lo scontro con i presidenti: «Non vogliamo sovraccaricare il territorio – ha detto giovedì il ministro – con strutture tropo grandi. Parliamo di 1.500/1.600 posti in tutto, in un paese con 60 milioni di abitanti. Se mi si dice che non si riesce a gestirli mi sembra difficile».

Comuni Cruciali, per quanto riguarda le espulsioni, sono i rapporti con i paesi di origine: «Bisogna prima avere un rapporto – ha sottolineato il ministro – con il paese che deve accoglierli. Niente atti di ipocrisia: non posso scrivere su un documento che espello un irregolare ma poi non so dove sta». Per quanto riguarda i Cie al momento la Regione tace: la presidente Catiuscia Marini aspetta l’incontro del 19 per tirare qualche conclusione ma in passato, almeno per come venivano pensati allora, la posizione della Regione è stata sempre contraria ai Cie. Centrale è anche il ruolo dei Comuni: per quelli che hanno deciso di entrare nel sistema dell’accoglienza (2.800 circa su oltre 8 mila) a febbraio dovrebbero arrivare 100 milioni di euro di incentivi con una norma prevista dal decreto fiscale; al massimo, secondo le previsioni, potrebbero essere corrisposti 500 euro per ogni persona accolta.

L’Umbria Dalla sua l’Umbria ha scelto da tempo un sistema basato sull’accoglienza diffusa, ovvero niente centri di grandi dimensioni bensì migranti divisi in piccoli gruppi nelle diverse città della regione così da poterli integrare e gestire meglio. Attualmente sul territorio, secondo i dati aggiornati al 31 dicembre, sono presenti 3.263 persone, delle quali 408 sono state inserite nello Sprar mentre 2.855 sono quelle presenti nelle strutture temporanee. Tornando ai Cie così come sono strutturati ora, dalla relazione della Commissione diritti umani del Senato pubblicata nelle scorse ore si evince come il sistema sia tutt’altro che un successo. Sia i Centri che gli hotspot (voluti dalla UE per garantire l’indentificazione, oggi arrivata a quasi il 100 per 100 in quelli italiani di Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto) vengono giudicati come dei produttori di clandestini e non in grado di favorire le espulsioni. Molte infatti sono le difficoltà incontrate nell’eseguire i rimpatri che sono meno del 50 per cento. E gli altri? Tutte persone che finiscono nel gorgo dell’irregolarità.

Twitter @DanieleBovi

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One reply on “Un Cie in ogni regione vicino a un aeroporto: il 19 l’incontro con il ministro Minniti, palazzo Donini in attesa”

  1. se continua questa storia dell’accoglienza tra un po’ saremo stranieri a casa ns!!!!!! non vogliono mettere la parola fine perché ci sono grossi interessi dietro……..vergogna

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