di Chiara Fabrizi
Il sindaco di Foligno Stefano Zuccarini e altri sei primi cittadini di centrodestra sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire il danno di 40 mila euro in favore della Valle Umbra Servizi (Vus).
Spoil system in Vus La vicenda è relativa allo spoil system fatto scattare nell’estate 2019 quando, dopo le elezioni che avevano segnato la vittoria del centrodestra in diversi Comuni del comprensorio di Foligno e Spoleto, tutti soci della Vus, è stato cacciato il Consiglio di amministrazione (Cda) guidato da Lamberto Dolci e al suo posto collocato quello retto da Vincenzo Rossi.
Condannati Zuccarini e altri sei sindaci In particolare, Zuccarini è considerato il ‘dominus’ della vicenda e per questo è stato condannato a pagare il 50 per cento del danno, quindi circa 20 mila euro, mentre gli altri sei sindaci che hanno votato a favore dell’operazione dovranno versare a Vus 2.860 euro ciascuno: si tratta di Attilio Gubbiotti di Sellano, Giuliano Boccanera di Norcia, Enrico Valentini di Gualdo Cattaneo, Elisa Sabbatini di Castel Ritaldi, Manuel Petruccioli di Giano dell’Umbria e Giovanni Bontempi di Nocera Umbra. Sollevato da qualsiasi responsabilità il sindaco di Montefalco, Luigi Titta, che si è astenuto dalla votazione, la stessa a cui non hanno partecipato l’allora sindaco di Spoleto, Umberto De Augustinis, e i primi cittadini di centrosinistra.
Il danno erariale di 40 mila euro Il danno erariale di 40 mila euro circa è stato calcolato sulla base dell’accordo transattivo che la stessa Vus è stata costretta a siglare con Dolci e la ex consigliera Daniela Riganelli da circa 36 mila euro per la revoca illegittima, a cui si sono sommati i 4 mila euro sborsati da Vus in spese legali per la conciliazione.
Ignorate forti perplessità Nella sentenza la Corte dei Conti ricorda anche come i sindaci di centrodestra che si sono imbarcati nello spoil system abbiano sostanzialmente ignorato i due pareri richiesti dal Comune di Spoleto alla Presidenza del Consiglio dei ministri e pure «le forti perplessità sollevate dal collegio sindacale prima dell’adozione del provvedimento lesivo», procedendo ad «adottare una delibera senza riflettere doverosamente sulla legittimità, omettendo di disporre ulteriori approfondimenti e ponderando le conseguenze di una tale decisione».
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