Consiglio regionale (foto F.Troccoli)

di Iv. Por.

È una proposta di legge di 14 articoli dal nome “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere” quella licenziata il 22 giugno 2016 dalla terza commissione consiliare permanente del Consiglio regionale. Un testo diverso in molti punti, per via degli emendamenti, dalla proposta depositata a forma di Chiacchieroni, Leonelli e Solinas il 15 luglio 2015. Frutto, cioè, già di una mediazione in sede politica.

IL TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE

Partendo dalle enunciazioni basilari, l’articolo 1 attesta come «la Regione riconosce che ogni tipo di discriminazione e violenza contro le persone in ragione del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere (nella proposta originaria c’erano anche le minacce di tali atti, ndr) costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali alla vita, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità personale e sociale, all’integrità fisica e psichica, e può costituire un pericolo per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto ad un’esistenza sicura, libera e dignitosa».

All’articolo 1 bis appaiono (non c’era nella proposta) le definizioni (uno dei punti cardine della legge) di identità di genere cioè «la percezione che una persona ha di sé, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico» e quella di orientamento sessuale ovvero «l’attrazione affettiva e sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi». Al comma 4 la Regione si impegna alla «diffusione di una cultura della non discriminazione», a «sostenere le persone e le famiglie nei loro compiti educativi» e a perseguire «l’integrazione tra le politiche scolastiche e formative e le politiche socio-sanitarie.

L’articolo 2 riguarda l’integrazione sociale, formazione e lavoro con cui la Regione «promuove e favorisce l’integrazione sociale anche mediante specifiche politiche del lavoro e di sviluppo socio-economico, nel rispetto degli orientamenti sessuali e dell’identità di genere».

L’articolo 3 è uno dei più contestati dagli oppositori e riguarda il capitolo istruzione. Il testo originario risulta più edulcorato da quello emendato: anziché «in tutte le scuole di ogni ordine e grado», la proposta uscita dalla commissione si concentra nelle «scuole secondarie» e «previo consenso informato dei genitori» oltre che «d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale, con la Giunta esecutiva della Consulta provinciale degli studenti e con il Forum regionale delle associazioni dei genitori della scuola» per la promozione da parte della Regione di «percorsi per l’informazione e la sensibilizzazione sull’affettività, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere finalizzati alla prevenzione dei fenomeni discriminatori». Nei commi successivi, poi si stabilisce come i corsi di formazione del personale scolastico e i seminari di informazione dei genitori su questi temi debbano attivarsi in collaborazione con «il personale dei servizi pubblici socio-educativi, scolastici e socio-sanitari».

L’articolo 4 riguarda la responsabilità sociale delle imprese, richiamando la sensibilizzazione delle grandi aziende e le associazioni di categoria ad applicare la prevenzione delle discriminazioni, mentre l’articolo 5 impegna la Regione a farla applicare tra i propri dipendenti.

In materia di salute e prestazioni sanitarie (articolo 6) un altro passaggio chiave: al comma 2 si stabilisce che «chiunque abbia raggiunto la maggiore età può designare una persona che abbia accesso alle strutture per ogni esigenza assistenziale e affettiva del designante e alla quale gli operatori devono riferirsi per tutte le comunicazioni relative al suo stato di salute». Salta cioè il vincolo di parentela. Sempre in materia di sanità, l’articolo 7 impegna le Aziende sanitarie locali a «rimuovere gli ostacoli alla libertà di scelta e di espressione delle persone riguardo al proprio orientamento sessuale o alla propria identità di genere» e promuove il sostegno ai genitori «per aiutarli ad esercitare i compiti di cura e di educazione nel rispetto dei figli, soprattutto minori, alla tutela del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere».

Saltato il finanziamento degli interventi e la collaborazione con associazioni private, l’articolo 8 promuove, invece, eventi culturali che divulghino la «non discriminazione». Quello successivo (articolo 9)mira a rimuovere le barriere nell’accesso ai servizi pubblici e privati, mentre l’articolo 10 si occupa del sostegno alle vittime di atti di violenza determinati dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere «mediante l’utilizzo di personale adeguatamente qualificato» e «l’attivazione di centri di ascolto». Con l’articolo 11 poi si istituisce l’Osservatorio regionale sulle discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, composto da un delegato del presidente della giunta regionale, sei rappresentanti delle associazioni iscritte nel registro regionale che operano in materia di discriminazioni, tre delle associazioni delle famiglie e due esperti nelle tematiche. Infine, l’articolo 12 prevede un monitoraggio da parte del Corecom di eventuali contenuti discriminatori nella programmazione televisiva e radiofonica regionale, nonché della produzione pubblicitaria. Gli ultimi due articoli sono sulla norma finanziaria e la clausola valutativa.