Un reparto dell'ospedale di Perugia (foto Fabrizio Troccoli)

di Daniele Bovi

«Particolarmente fuori target». Così viene viene giudicata la rete regionale dei punti nascita nel Libro bianco sulla sanità regionale; una ‘fotografia’ dello stato dell’arte scattata a fine 2019 e punto di partenza per l’elaborazione delle 12 linee strategiche che fanno da base al nuovo Piano sanitario regionale.

LE 12 LINEE STRATEGICHE APPROVATE

Gli esperti Il documento è stato realizzato anche con il supporto di una serie di esperti come Antonella Pinzauti, direttore generale di Welfare imprese (che fa capo a Confartigianato) per l’area relativa all’integrazione socio-sanitaria, l’ex ministro Renato Balduzzi e il professor Francesco Longo (docente del Centro ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale della Bocconi e membro del Consiglio superiore di sanità) per le modifiche dell’assetto istituzionale e Claudio Saccavini (del Centro veneto ricerca e innovazione per la sanità digitale), per l’area della promozione della sanità digitale.

INTERATTIVO: I DATI DEI PUNTI NASCITA UMBRI

I punti nascita Il tema dei punti nascita, come abbondantemente visto negli anni scorsi in Umbria, è politicamente esplosivo. Ognuno di essi (otto in tutto in Umbria) deve rispettare una serie di parametri, in particolare un minimo di 500 nascite l’anno; volumi minimi strettamente connessi ai livelli di sicurezza. Stando ai dati del Libro, relativi al triennio 2017-2019, in Umbria oltre un parto su quattro (27%) è stato registrato in strutture con meno di 500 nascite all’anno. Ad esempio, 246 a Pantalla, 475 a Branca, 498 a Spoleto e 403 a Orvieto. Nel 2019 le nascite sono state 6.083, più della metà delle quali tra Perugia (1.915) e Terni (1.097), e i numeri sono in calo (quasi 6.500 parti nel 2017). Una deroga nel 2018 era stata concessa per Branca e Orvieto, mentre era arrivato il nient dal Ministero per quanto riguarda l’identica richiesta fatta per Pantalla il cui reparto, notano gli estensori del Libro, a fine 2019 «risultava ancora aperto nonostante il Ministero avesse espresso parere sfavorevole». Oltre 300, invece, sono le donne che ogni anno decidono di partorire in una regione vicina, in particolare Lazio e Toscana (800 circa sono quelle che arrivano ogni anno da un’altra regione).

L’UMBRIA SI DOTERÀ DI UN ELISOCCORSO DEDICATO

Mobilità Tra le principali criticità sottolineate c’è poi il saldo – negativo – tra mobilità attiva e quella passiva, cioè il costo relativo agli umbri che decidono di curarsi fuori regione. Il «considerevole decremento» della mobilità attiva e «l’aumento della fuga dei pazienti verso le Regioni limitrofe», non è un fatto nuovo: nel Libro bianco si sottolinea che è a partire dal 2014 che, mentre la mobilità attiva diminuisce, quella passiva aumenta passando da un saldo positivo di oltre 20 milioni nel 2014 a uno negativo di 3,3 milioni nel 2019. Gli umbri decidono di curarsi fuori regione «per le prestazioni di ortopedia, protesi ortopediche di anca e ginocchio, riabilitazione, oncologia chirurgica e chirurgia pediatrica. In alcuni casi – è detto nel documento – la fuga dei pazienti, visti i volumi di attività, risulta “fisiologica”; in altri casi è possibile apportare correttivi».

LE DIMISSIONI DEL DIRETTORE DELLA SANITÀ REGIONALE

Attrattività e Piano sociale Tra le cause c’è una insufficiente attrattività del sistema sanitario regionale nei confronti dei professionisti, che vanno a lavorare in altre regioni o nel settore privato. Due problemi – la scarsa attrattività e la mobilità passiva – che potrebbero essere in parte risolti grazie all’istituzione dell’Irccs, che figura tra le 12 linee strategiche approvate. Tra i punti critici anche il fatto che, in gran parte, l’ultimo Piano sociale approvato nel 2017 è rimasto inattuato «per la mancata elaborazione dei Piani sociali di zona. Altre criticità – è scritto nel documento – possono riscontrarsi in una scarsa integrazione socio-sanitaria e nel mancato allineamento della programmazione sanitaria con la programmazione sociale».

La rete Centrale è ovviamente il capitolo dell’articolazione territoriale del sistema, composto in Umbria da 15 ospedali e due aziende ospedaliere; una rete «eccessivamente articolata e non in tutti i casi conforme ai parametri dettati a livello centrale». In generale il numero di posti letto rispetta gli standard (3,69 ogni mille abitanti contro i 3,7 indicati), ma con un lieve eccesso di quelli per acuti (3,18 contro 3), mentre risultano sotto i livelli fissati quelli per la riabilitazione (0,51 contro 0,7 ogni mille abitanti).

Frammentazione e servizi Altro elemento sottolineato con la matita blu è quello che riguarda l’eccessiva frammentazione dei distretti, 12 in tutto, motivo per cui le linee strategiche ipotizzano un dimezzamento. Attuate in modo disomogeneo inoltre, peraltro senza svolgere i compiti assegnati, le Aggregazioni funzionali territoriali, mentre non sono state costituire le Uccp, le Unità complesse di cure primarie. «Carenti» risultano i servizi di salute mentale, prevenzione, cura e riabilitazione dell’età adulta ed evolutiva, così come manca una Rems, la Residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza destinata ai detenuti con problemi psichici (su quest’ultimo punto, la Regione ha dato vita a un gruppo di lavoro che a breve presenterà un progetto). Inoltre, viene sottolineata una disomogeneità tra le due Usl riguardo ai servizi forniti ai tossicodipendenti. Infine, carenze ci sono per altri servizi come quelli riabilitativi o che si occupano di cure palliative.

Twitter @DanieleBovi