di M.R.
Mai nessuna conferma pubblica di interesse per lo stabilimento toscano che produce rotaie e altrettanto vale per la smentita. Il Gruppo Arvedi, più volte accostato al sito siderurgico di Piombino non si è mai espresso attraverso la stampa, ma c’è chi è pronto a giurare che nei mesi passati alcuni tecnici del team cremonese abbiano effettuato ripetuti sopralluoghi in acciaieria. L’ipotesi di un coinvolgimento del Cavaliere, quando migliaia di lavoratori sono in cassa integrazione, il sito inattivo e gli investimenti degli indiani fermi al palo pur con commesse importanti ricevute da Ferrovie dello Stato, approda ora in Parlamento. Tre deputati del Pd, Fossi, Simiani e Furfaro, hanno infatti depositato un’interrogazione, rivolta al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e quello del Lavoro Marina Elvira Calderone, con la quale di fatto suggeriscono anche la convocazione di un summit tra Jws, Invitalia e Arvedi «o altri potenziali imprenditori siderurgici interessati, al fine di favorire l’ingresso dello Stato nelle acciaierie di Piombino, quale settore strategico nazionale per la produzione di rotaie».
Acciaio Ripercorrendo la storia recente del sito, dall’acquisizione oltre 4 anni fa degli impianti da parte del gruppo indiano Jindal, i deputati del Partito democratico, nell’interrogazione al titolare del Mimit, fanno riferimento a indiscrezioni circa la volontà dell’operatore siderurgico Arvedi di acquisire lo stabilimento di Piombino; intenzioni – rimarcano – che sarebbero però via via sfumate nell’assenza di notizie concrete. Va inoltre aggiunto – sottolineano gli esponenti Dem – che le concessioni demaniali marittime inerenti alle infrastrutture portuali e di altre aree produttive di pertinenza dello stabilimento sono ormai in procinto di scadere e in assenza di un piano industriale valido e condiviso con
tutte le istituzioni non sarà possibile prorogarle o rinnovarle, con la conseguente apertura di un procedimento di incameramento da parte dello Stato di tutti i beni di non facile rimozione». Chiedono quindi di sapere «se i ministri siano a conoscenza di tali fatti e se non ritengano conseguentemente urgente ed improrogabile intraprendere iniziative efficaci per risolvere le criticità che impediscono un effettivo rilancio del polo siderurgico di Piombino, promuovendo in tale direzione un tavolo istituzionale con il coinvolgimento delle parti sociali al fine di
elaborare e sottoscrivere un nuovo accordo condiviso per il rilancio e la riqualificazione economica, produttiva, occupazionale ed ambientale dello stabilimento».
Ast Quel che è certo di Arvedi è che questa settimana, a Perugia, dalla presidente della Regione Umbria Donatella Tesei, incontrerà i sindacati metalmeccanici per affrontare le questioni industriali di Ast, o meglio, come specificato nell’oggetto dell’integrazione a una prima convocazione di Palazzo Donini ‘Aggiornamento del percorso e delle prospettive dell’Accordo di programma’. Un patto, questo, che il Cavaliere ha sin da subito vincolato agli investimenti previsti sull’acciaieria di Terni, sostanzialmente uno strumento di accesso a fondi pubblici, si presume a determinate condizioni. L’importo dei finanziamenti e i criteri di accesso occupazionali, industriali e ambientali non sono stati resi noti, ma le isituzioni nazionali e locali, a braccetto con l’imprenditore, hanno espresso soddisfazione per l’intesa raggiunta ai tavoli romani. L’attenzione sulle mosse di Arvedi è crescente; soprattutto dopo l’ennesimo rimescolamento al vertice, il blitz dei carabinieri ambientali al Parco rottami (pare per un carico proveniente dall’Africa), la nomina dell’ingegnere Menecali al ruolo di Amministratore delegato e la vertenza Tct. A tal proposito, questa passerà per i banchi del consiglio comunale di Terni, nel corso della seduta di Seconda commissione in programma mertedì. Già alla vigilia si vocifera che per conto di Ast non si presenterà nessuno. Del resto ai lavoratori è bastata la metafora della ‘casa comune’ per riprendere servizio alle dipendenze di Gino Timpani in strada di Recentino pur aleggiando lo spettro che il Tubificio possa anzitempo internalizzare il servizio di taglio e commercializzazione dei prodotti finiti come ha già iniziato a fare trasferendo lavoratori propri da altri siti della società di viale Brin. E comunque accordi, contratti e trattative del caso, pur nell’interesse della politica per eventuali ricadute sociali, restano rapporti fra privati.