sanità pubblica regionale
Il Cup dell'ospedale di Perugia (©Fabrizio Troccoli)

di Donatella Porziconsigliere regionale

Non ci stupisce che l’Umbria sia tra le regioni con il “trucchetto” grazie al quale risulterebbe che i tempi di attesa per effettuare visite ed esami siano notevolmente più brevi rispetto a quelli reali. Addirittura sembrerebbe che le liste di attesa siano pressoché inesistenti, se pensiamo che il 97 per cento delle tac, l’88 per cento delle risonanze magnetiche, il 90,8 per cento delle ecografie all’addome, il 94,6 per cento delle visite cardiologiche e il 91 per cento di quelle ortopediche vengano effettuate nei tempi previsti dalla legge.

Dall’inchiesta di Milena Gabanelli e Simona Ravizza pubblicata ieri dal Corriere della Sera, un’analisi che prende in esame soltanto le Asl di Perugia e Terni – le uniche che hanno risposto alla richiesta di fornire i dati – emerge che il sistema umbro sarebbe oltremodo virtuoso, se non nascondesse un meccanismo, diffuso anche nelle altre regioni, che fa partire l’attesa dalla seconda chiamata effettuata dal paziente, qualora alla prima gli venga risposto che non c’è posto.

Un bel giochino si. Andiamo a raccontarlo alle migliaia di cittadini costretti ad aspettare mesi o anni per avere una prestazione e che sempre più numerosi protestano da nord a sud dell’Umbria. L’alternativa è ricorrere alla sanità privata, cosa sempre più comune, o rinunciare alle cure di cui si ha bisogno, anche questa una crescente e preoccupante realtà. A questo punto ci chiediamo: a che cosa servirebbero i piani straordinari tanto sventolati dalla Regione per l’abbattimento delle liste d’attesa, se le cose procedessero davvero così a gonfie vele?

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