di Andrea Sansoni

«Spesso l’eccessivo tecnicismo e il consolidarsi di abitudini lavorative, che trasformano ogni giorno in una fotocopia dell’altro, fanno perdere di vista la dimensione fondamentale del vivere: ll dato umano, l’altro».

Accoglienza e umanità «Non è raro imbattersi oggi come oggi, in ambienti e persone dall’umanita rarefatta, veri e propri automi. Fortunatamente però non è sempre così. Esistono anche persone libere, rimaste tali, e che non hanno imbarazzo ad emozionarsi, né a lasciarsi coinvolgere nella condivisione di momenti. Ecco allora che queste poche righe, vogliono invece essere una ‘lettera aperta’, un semplice e sentito grazie a tutte quelle persone, medici, Oss, infermieri, e personale tutto, che negli ultimi tempi hanno assistito nostro padre all’Hospice di Terni, ‘Le Grazie’ i quali hanno curato mio padre Francesco, accudendolo pazientemente e diligentemente, per il tempo che gli rimaneva da vivere, condividendo appunto l’amaro calice. Ho avvertito come nostro padre non corrispondeva ad un semplice numero di posto letto, al quale dover fare questo o quello, era, ed è rimasto una persona, con tutti i limiti e problemi che vogliamo, ma una persona. Per quanto mi riguarda, non è stato facile accettare il verdetto di una malattia che non dà scampo, ancor meno saperlo, e fare finta di niente, così come non è facile accettare il vuoto lasciato a casa, come non lo è vedere la sua sedia vuota, come non lo è la mattina quando portavo il cappuccino dal bar sotto casa, o il pranzo dalla mensa e come non loe quando al cellulare non risponde piu nessuno».

Fino all’ultimo respiro «II solo fatto di poter stringere la mano per tutto il tempo, sapendo che era l’unica cosa che avrei potuto fare, ha significato tutto. E questo resterà indelebile nella mia mente. A tutto il personale dell’Hospice di Terni va il mio grazie per aver permesso a me e ai miei fratelli di stare tutto il tempo rimasto con il nostro unico scopo, papà. È vero nostro padre non c’e più, ma da Voi ha trovato competenza e tutto l’aiuto necessario. Un ringraziamento per aver reso più umani e con meno solitudine gli ultimi giorni di vita, segnata da un atroce destino, di fronte al quale è leggittimo arrabiarsi, porsi tante domande che resteranno disattese e senza risposta. Poche ma sentite parole per esprimere il grazie per la disponibilità, e per il clima familiare che col tempo si era creato, seppure nella sofferenza: per l’empatia mostrata verso di me e mio padre, ma anche verso gli altri ospiti, per aver potuto stringere la scarna mano fino all’ultimo respiro, capendo così l’enorme valore del tempo e della presenza quando ci è dato di godercela. Quel respiro leggero che aveva, l’onda del petto che scende e che sale era il nostro tutto, era la vita che ancora fluiva. Può sembrare strano, ma non mi sono mai sentito solo un utente, tantomeno fuori luogo. In un prossimo futuro spero di poter nel mio piccolo, dare anch’io il mio contributo tornando quanto prima a confrontarmi con questo aspetto della vita, c’è molto da imparare e da riflettere su cosa conta davvero e finche ci è dato di farlo dobbiamo approfittarne prima che sia troppo tardi. In fondo qualcosa di me è rimasto per sempre tra quelle mura. Per ora grazie, per averci consentito di trascorrere il maggior tempo possibile accanto al  nostro caro fino all’ultimo battito e per aver compartecipato emotivamente alla nostra storia».