Diego Guerrini e Marco Vinicio Guasticchi

di Daniele Bovi

Né Guerrini né Bacchetta. Nel gran can-can del giorno che segue la vittoria di Guerrini a Gubbio e la «Bacchettata» presa dal Pd a Città di Castello, c’è anche chi azzarda che il vero vincitore che esce dalla giornata di domenica è il presidente della Provincia di Perugia Marco Vinicio Guasticchi. Il ragionamento suona più o meno così: a Città di Castello, terza città dell’Umbria, piazza un uomo a lui molto vicino che, a meno di sorprese o clamorosi voti di protesta, conquisterà la poltrona di sindaco. Anche a Gubbio risultato pieno, con la vittoria sul filo di lana di un candidato, il 31enne Diego Guerrini, vicino all’area di Guasticchi.

L’insofferenza verso la vecchia classe dirigente Nel Pd altotiberino invece prevale lo scoramento. L’assessore comunale al Bilancio Domenico Duranti, il «cavallo» dell’assessore regionale all’Agricoltura Fernanda Cecchini, perde clamorosamente e insieme a lui, fanno notare alcuni democrats, l’intera vecchia classe dirigente del partito. Non che Bacchetta rappresenti una ventata di freschezza, ma tant’è. La nouvelle vague pare essersi liquefatta alcuni giorni prima delle primarie con le dimissioni del segretario comunale Cristian Biagini e la rumorosa uscita di scena di una figura storica del riformismo come Gianfranco Pannacci, preoccupato di consegnare, come poi è successo, «la candidatura a sindaco a un partito (il Psi, ndr) dell’1,5%». L’insofferenza verso la vecchia classe dirigente del partito sarebbe testimoniata anche da taluni risultati: «In alcune zone dove il Pd di solito prende il 40% – dice un dirigente democratico altotiberino – è finita 80 a 20 per Bacchetta. E’ il segno che la gente si è stufata. E poi facciamo attenzione – prosegue – Bacchetta ha preso 4.500 voti, ma per vincere al primo turno a Castello ne servono più di 12 mila». Occhio, insomma, al possibile tiro al piccione. E se la vecchia classe dirigente esce sconfitta e la nuova pare essersi liquefatta, il problema è capire da dove si riparte.

Come don Farcuccio Come oramai da tempo accade, è sulla piazza virtuale di Internet che si sfogano militanti e classe dirigente. Tra le più combattive c’è Maria Claudia Travicelli, uscita con le ossa rotte, e come lei i bersaniani da queste primarie, dal voto di qualche settimana di Assisi contro il giornalista Rai Carlo Cianetti, l’uomo che sfiderà il pidiellino e attuale sindaco Claudio Ricci e il suo ex vice Giorgio Bartolini. «Così – scrive sulla sua bacheca Facebook – non si può più andare avanti. Quello che sta accadendo in questi giorni mette a rischio la credibilità del Partito e sconcerta i cittadini. È il momento in cui ognuno, ogni forza possibile, a tutti i livelli, si deve rimboccare le maniche e assumere tutte le proprie responsabilità». Più colorito, ma efficace, quanto scritto dopo per sintetizzare la situazione a suo avviso simile a quella di «don Farcuccio: co ‘na mano davanti e n’antra de dietro…».

Il meccanismo delle primarie Sul banco degli imputati finiscono anche le primarie: «I pochi voti di differenza – scrive sempre la Travicelli – sono certamente il frutto del modo di come si fanno queste primarie, dove tutti possono votare, anche quelli del centrodestra, i quali votano spesso per il più debole». Sulla stessa lunghezza d’onda pare essere anche Fernanda Cecchini: «Le primarie – dice l’assessore su Facebook – non sono lo strumento migliore per dare senso alle scelte, ma è l’unico che abbiamo quando come gruppo dirigente siamo incapace di essere gruppo dirigente». Il che sta succedendo, in molti casi, dalle primarie per la scelta del candidato presidente della Regione. Anche lì, come si è verificato in questi mesi, un partito diviso in fazioni e incapace di decidere si è risolto, alla campana dell’ultimo giro, a ricorrere alle primarie non per scelta ma per manifesta incapacità decisionale. Risuonano a questo punto, beffardamente, le parole di Massimo D’Alema: «Le primarie? Sono una cosa seria in America».

Bottini soddisfatto per il risultato Nei commenti ufficiali invece è tutto un giubilo e un «ora lavoriamo tutti insieme per far vincere il centrosinistra». Inizia il segretario regionale del Pd Lamberto Bottini che parla di uno «straordinario evento di democrazia». Esprimendo poi «soddisfazione per il risultato» il segretario sottolinea «l’affluenza record» e invita alla riflessione «quelle forze che in queste settimane hanno preferito tirarsi fuori dalla competizione». «Il problema insomma – dice un altro alto dirigente democratico – non è chi ha perso ma chi non ha partecipato».

Flamini: un grazie alla Ercoli Di «partecipazione vera» parla poi il segretario del Prc di Perugia Enrico Flamini, che esprime un «ringraziamento particolare alla compagna Maria Cristina Ercoli e a tutto il circolo di Gubbio per lo straordinario risultato del partito. Anche se non abbiamo vinto la competizione per una manciata di voti, Rifondazione comunista si conferma forza determinante per la vittoria del centro-sinistra eugubino». Proprio ora che, dopo molti anni, Rifondazione ricuce con il Pd nella città dei Ceri, il Prc si vede «scippare» dopo lustri di monocolore comunista la poltrona di candidato per via di quelle primarie che alcuni, così come strutturate, sembrano amare sempre di meno.