luca gambini
Luca Gambini

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Cristina Gambini, sorella di Luca, il 29enne di San Giustino morto il 30 dicembre 2007 nel ‘repartino’ di psichiatria di Monteluce, a Perugia. Nel processo che ne è seguito, nel marzo 2016 la Cassazione ha annullato con rinvio la condanna a 8 mesi della Corte d’Appello al primario di allora ma nel frattempo il reato si è estinto per prescrizione

Ciao Fratello mio, sono passati 12 anni da quel terribile giorno in cui il mio cuore ha smesso di battere insieme al tuo. Il mio poi, riprese a pompare, con fatica e sofferenza; non vi era alternativa o per lo meno, questa non avrebbe avuto senso.

Ho lottato tanto per la tua giustizia, tu lo sai.
Una condanna c’è pure stata, anche se il colpevole non ha mai scontato la sua pena, ma del resto siamo in Italia, e l’indiziato che sa di essere innocente, può richiedere il rito abbreviato, con lo sconto di 1/3 della pena, proprio come nel nostro caso.

Sai Fratello mio, fino ad allora avevo avuto abbastanza fiducia nella giustizia.
Te li ricordi Falcone e Borsellino? Loro si che erano onesti.
Ah già è vero, hanno ucciso anche loro.
Un omicidio di Stato, proprio come il tuo.

L’anno in cui sei morto, in cui ti hanno fatto morire, la cronaca aveva fin troppe notizie di cui parlare. Era il 2007 e Perugia, lo stesso luogo in cui sei morto tu, era stata da poco colpita da un evento di cronaca nera internazionale.

Caro Fratello mio, certo te abitavi a San Giustino in provincia di Perugia.
Non eri mica un americano o un inglese, altrimenti sai che risonanza avrebbe avuto il tuo caso!

Si hai ragione, non siamo nemmeno di Roma. Lì i poteri forti sono più vicini, chissà, forse il tuo omicidio colposo non sarebbe andato in prescrizione. Forse, chissà…
E magari Le Iene avrebbero risposto alla mia mail, o trasmissioni televisive come Mi Manda Rai Tre, ci avrebbero invitati una seconda volta nel loro programma.

Si, i giornali locali ne hanno parlato, rimasero tutti sconvolti, ma poi la vita deve continuare, ci sono altre notizie da raccontare.

E poi caro Fratello mio, te sei morto in un reparto di psichiatria. A chi vuoi che interessi il motivo per cui ti trovavi lì, o tutti i danni che un certo modo di condurre la medicina, ti hanno causato?
Chi ci lavorava in quel reparto, veniva considerato un professionista, mentre te e gli altri ricoverati, eravate considerati dei pazzi.
Dai che almeno con la tua morte, quel reparto è stato chiuso: era completamente fuorilegge (il reparto), ma i pazzi eravate voi.

Fratello mio, non so dove ho trovato la forza per andare avanti. E’ stata dura tu lo sai.
Ho anche cercato di distruggermi, ma tu, da qualunque parte tu sei ora, mi hai fatto capire che dovevo continuare a vivere, non a sopravvivere, e che ti faceva soffrire vedere farmi del male.

Mi hai fatto capire che dovevo vivere per me e anche per te, e io sto cercando di vivere al massimo. Vedi quante cose mi hai insegnato, e avevi solo 29 anni quell’ultima volta che ti ho abbracciato.

Caro Fratello mio, asciugo le lacrime e vado avanti. Per fortuna siamo fatti per il 60% di acqua, altrimenti mi sarei già disidrata da un pezzo.

Fratello mio, tu lo sai che questa canzone me l’hai sussurrata te.
Ricordo ancora quella notte in cui le parole arrivavano una dietro l’altra, senza esitazioni ne correzioni.

Quelle parole arrivano da te, perché tu Fratello mio, Sei Sempre con Me

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