Vasco Cajarelli

di Vasco Cajarelli*

In Umbria è esploso in maniera più evidente che in altri territori lo sconquasso politico e sociale determinato da spinte in atto da decenni. Si è trattato a dire il vero di un terremoto prima sociale che politico. E la Cgil non l’ha colto nella sua portata violenta. Non abbiamo capito cioè che la flessibilità tutta a vantaggio delle imprese ha assunto fin da subito la fisionomia vorace del precariato che ha letteralmente morso e menomato le vite di decine di migliaia di persone.

Guerra fra poveri I dati allarmanti su povertà, disoccupazione, disuguaglianza crescente, redditi, mancanza di prospettive in questa regione sono noti da anni, e l’esito delle elezioni regionali non è che il frutto di una trasformazione profonda che ha provocato, si badi, non solo un abbassamento delle condizioni economiche, ma che è stata costitutiva di un modo nuovo di approcciarsi al mondo da parte di più generazioni. Paura del futuro, incupimento, mancanza di fiducia, ripiegamento su se stessi sono stati tutti fenomeni che hanno portato al panorama odierno, quello di una guerra fra poveri in cui i penultimi sono pronti ad azzannare gli ultimi per contendergli le briciole che i partecipanti al banchetto, nel loro gozzovigliare, lasciano cadere a terra. Questo panorama, questa progressiva individualizzazione di problemi sociali e collettivi, rende tremendamente difficile il lavoro di un sindacato come il nostro. D’altro canto però, come Cgil siamo stati anche noi responsabili di una deriva del genere, anche solo semplicemente per non averla capita.

Autocritica Per questi motivi è di cruciale importanza un’autocritica che si agganci da subito a un nuovo modo di agire e rompa schemi ormai inservibili. Dobbiamo innanzitutto capire. Comprendere come sia diventato possibile che sempre più spesso l’imprenditore vota centrosinistra e chi lavora nella sua azienda preferisce la destra. Dobbiamo interpretare i motivi che portano il precario non solo a votare a destra ma a volte addirittura a vedere il sindacato come un avversario; noi che dovremmo essere invece la sua sponda naturale. E per capire c’è solo un modo: ascoltare, ma farlo davvero, riattivando le antenne, senza snobismi e senza ricette precostituite.

Redistribuzione Al tempo stesso va cambiata la nostra condotta. Un sindacato fa bene il suo lavoro se migliora le condizioni dei lavoratori, non se contratta la ritirata. In questi anni abbiamo fatto un lavoro di denuncia, certo. Abbiamo anche prodotto elaborazioni importanti come il Piano per il lavoro, che però è rimasto inascoltato nelle stanze della politica. È evidente che tutto questo non è bastato e non basta. Dobbiamo passare a una fase di rivendicazione, utilizzare con forza la contrattazione integrativa. Dobbiamo insomma rimettere al centro una parola scomparsa dall’agenda politica: redistribuzione. Dobbiamo parlare alle vite delle persone in carne e ossa, porci l’obiettivo di migliorarle. La grande crisi di rappresentanza di tutti i soggetti politici e sociali riguarda anche il sindacato, come è dimostrato dal movimento delle “Sardine”, e la Cgil deve tornare a essere protagonista di una trasformazione sociale: solo cosi potrà essere riconosciuta come soggetto di riferimento dai più bisognosi .

Tornare a essere riferimento Una ripresa dell’azione di rivendicazione di reddito e diritti, oltre a farci tornare un punto di riferimento per chi lavora e chi è divorato dal precariato, contribuirebbe anche alla ricucitura dei tanti strappi che ci sono stati in questi anni all’interno di quella stragrande parte di popolazione che non solo ha pagato la crisi, ma è stata portata a individuare l’avversario nel suo vicino, nel suo collega, nella persona proveniente dall’estero. Un cambio di prospettiva e di azione di questo tipo contribuirebbero a facilitare la comprensione che l’avversario da combattere non è quello che sta un po’ più giù, bensì chi sta sopra, che si fa sempre più ricco divorando il futuro di intere generazioni. Con chi sta più giù occorre unirsi perché solo così ci si risolleva: è questa la funzione che la Cgil deve darsi, altrimenti c’è il baratro.

*Componente direttivo regionale Cgil Umbria

Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

Accettiamo pagamenti tramite carta di credito o Bonifico SEPA. Per donare inserisci l’importo, clicca il bottone Dona, scegli una modalità di pagamento e completa la procedura fornendo i dati richiesti.