di Tommaso Bori
consigliere regionale e segretario Pd

Con l’avvio nel nuovo anno, la cosiddetta riforma Calderoli riguardante il regionalismo differenziato, o per meglio dire, ‘regionalismo sovranista’, sarà al centro dell’azione del Governo Meloni. Il programma annunciato dal ministro leghista prevede, entro il 6 gennaio l’esame del Consiglio dei ministri, poi della Conferenza unificata per il relativo parere prima dell’approvazione definitiva in Cdm, e quindi il voto delle Camere. Un iter irrituale che non contempla alcun passaggio preliminare al Senato per spiegarne i passaggi e gli obiettivi.

L’obiettivo è quello di modificare in fretta e furia l’assetto organizzativo e funzionale delle Regioni relativamente ai settori della scuola, dei beni culturali, delle infrastrutture, dei trasporti e della sanità. In particolare, rispetto al comparto sanitario, la riforma rischia di avere conseguenze deleterie specie per le regioni più povere e più piccole come l’Umbria. Tutto ruoterà intorno a due principi: costi standard e superamento dei Lea (livelli essenziali di assistenza), con conseguente introduzione dei Lep (livelli delle prestazioni). Nonostante il principio dei costi standard sia stato ampiamente superato dopo il tentativo fallimentare compiuto nel 2013, la bozza Calderoli lo ripropone come base di finanziamento della futura sanità. Riguardo ai Lep, invece, l’intenzione è quella di ridurre il concetto di tutela facendo coincidere il bisogno di cura solo con la relativa prestazione tecnica, ovvero il minimo sindacale. Ciò significa che ci saranno regioni in cui verranno garantiti livelli base e altre, che, grazie a maggiori disponibilità economiche, potranno andare ben oltre i Lep. A parità di patologia, infatti, avremo regioni che si potranno permettere di dare cure e assistenza adeguate, potendosi permettere di pagare la differenza tra il costo standard della prestazione minima e il costo totale di una cura appropriata, e altre no. Tutto ciò, oltre che essere immorale, comporterà una sperequazione e una palese discriminazione dei cittadini su una base territoriale. Regioni come l’Umbria, ad esempio, in alcuni casi dovranno decidere se interrompere le cure in corso o mettere a carico dei malati i costi eccedenti. L’altra opzione sarebbe quella di autorizzare le singole aziende sanitarie a coprire gli stessi costi eccedenti mettendoli in bilancio, ma, data l’entità del buco di bilancio che la destra ha provocato in Umbria, ciò non sarà possibile.

Con la riforma Calderoli e i tagli previsti in finanziaria dal Governo Meloni il sistema sanitario pubblico è destinato a perdere ulteriore terreno. Ma se il sistema pubblico arretra quello privato avanza. L’ultimo monitoraggio della spesa sanitaria condotto dal Mef indica chiaramente che dai 34,8 miliardi del 2019 la spesa sostenuta di tasca propria degli assistiti è salita a 37 miliardi. Nonostante ciò il Governo Meloni decide di tagliare sulla Sanità. A poco serviranno infatti i 2,15 miliardi del fondo sanitario portati a casa dal ministro della salute Orazio Schillaci, visto che ben 1,4 miliardi di essi sono già stati assorbiti dal caro bollette, e ci sono 3,8 miliardi di deficit per costi non coperti dalle regioni per il covid. Quello che è successo anche da noi e che costerà ai cittadini umbri sia in termini di riduzione dei servizi che di tagli alla spesa, a partire da quella che servirebbe per ripopolare corsie e ambulatori di medici e infermieri. Invece di un’autonomia che libera potenzialità, riduce la burocrazia e semplifica la vita di cittadini e imprese, nel rispetto della Costituzione, la riforma Calderoli sembra voler andare spedita verso un modello che spacca il Paese, tocca la spesa e penalizza le regioni del Sud e quelle più piccole, mettendo a rischio la tenuta sociale e la coesione territoriale.

Alla luce di ciò invito la presidente della Regione, Donatella Tesei, a battersi da subito con determinazione, in tutte le sedi opportune, per difendere l’Umbria da questo sfacelo, trovando il coraggio di andare oltre i diktat del suo stesso partito. Questa riforma infatti va profondamente cambiata prima che venga definitivamente azzerata la nostra capacità di dare risposte adeguate a difendere e tutelare la salute dei nostri cittadini. Per una volta metta al primo posto gli interessi degli umbri invece che quelli della destra e della sua maggioranza.