di Augusto Magliocchetti*

Siamo in una fase molto delicata che segna il confine tra sviluppo e decrescita e nella quale è fondamentale allacciare relazioni di fiducia e rapporti sinergici. Per questo è inutile attizzare nuove polemiche o gareggiare a chi la spara più grossa. Semmai è necessario una buona conoscenza della realtà di contorno e delle sfide competitive che attendono l’acciaio italiano ed i processi industriali italiani c.d ‘hard to abate’ che, non dimentichiamolo, rappresentano il 64% della realtà industriale domestica. Penso sia utile, in sintesi, qualche accenno al settore dell’acciaio inox ed ad alcune problematiche ad esso connesse.
Nel 2022 la produzione mondiali di inox è stata 55,3 milioni di tonnellate con un decremento del 5,3% rispetto al 2021 che ha rappresentato un anno eccezionale e ripetibile con molta difficoltà. Tutte le aree ne hanno risentito compresa la Cina che da sola rappresenta quasi il 50% dell’intera produzione. Le aree geografiche dove la frenata è stata più accentuata sono state, nell’ordine, Stati Uniti e UE. Il fenomeno è stato così rilevante tanto che, nel 2022, la produzione di acciaio inox che negli anni precedenti era cresciuta sistematicamente rispetto al trend in controdendenza dell’acciaio comune, nell’anno citato si è fermata. Nel contesto europeo la situazione dell’Italia è quanto mai significativa perché, nelle quantità prodotte su un unico ambito nazionale è prima con 1,5 milioni di t. mentre Spagna e Germania ( con rispettivamente 0,7 e 0,4 milioni di t. ) registrano quantitativi inferiori e prima di lei viene solo una aggregazione di 6 paesi con 2 milioni di t. annue. Anche l’inox europeo ha subito profonde trasformazioni tanto che, il suo peso sulla produzione mondiale che nel 2018 era pari al 18% oggi raggiunge un valore di poco inferiore al 7%. Eppure, a fronte di tale situazione, la bilancia import/export che fino al 2015 aveva un andamento attivo ( circa 1,3 milioni di t. di import a fronte di quasi 1,5 milioni di t.) ha visto, nel 2022, le importazioni salire a 2,1 milioni mentre l’export è sceso a 1,1 milioni di t. Focalizziamo l’attenzione sul mercato domestico; in Italia ci sono tre produttori di inox: Arvedi Ast con1.040.000 t.( prodotti piani ) Valbruna 257.000 t. di prodotti lunghi, e Cogne 216.000 t. anch’essa nel settore dei lunghi. A differenza degli altri paesi la produzione inox in Italia, seppure, lievemente, ha raggiunto la soglia del 24% di quella della UE contro un 18% registrato nel 2020. Una situazione particolare si registra nel rapporto tra produzione ed il consumo italiano con la prima voce ferma ad 1,5 milioni di t. ed il consumo a 2 milioni di t.

Il 70% dell’import italiano è attribuibile a coils e lamiere che è il settore in cui opera il sito di Terni. Questi ultimi dati ci suggeriscono alcune considerazioni: Terni è una realtà produttiva importante non solo per l’Umbria ma di grande rilevanza anche nazionale in quanto parliamo del produttore di quasi il 70% in volume e di valori superiori in fatturato dell’Italia; I fabbisogni nazionali sono tali da consentire una crescita anche solo sul mercato domestico seppure il meno profittevole sul versante dei prezzi unitari; Il valore dei fattori localizativi ha un peso rilevante sulla scelta degli investimenti ( sia in termini di processo, di prodotto e di impatto ambientale ) per cui il richiamo a quanto dovrebbe fare il Governo e le amministrazioni di cui avevo parlato in un prcedente  intervento a proposito del piano nazionale della siderurgia, va analizzato, realizzato e supportato altro che andare a Roma per recitare controcanti. Cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro? Il consumo globale di inox dovrebbe rimanere stabile nel 2023 a causa del calo della domanda che ha caratterizzato il primo semestre e che dovrebbe vedere una graduale ripresa verso la fine del terzo trimestre ma soprattutto nel quarto. Purtroppo la stagnazione della domanda e l’aggressiva presenza dei competitors extra UE costringe le imprese produttive ad abbassare i prezzi sacrificando, in parte, i margini. Alla fine del semestre di quest’anno i prezzi dell’inox sono scesi del 40% rispetto alla stesso periodo del 2022. E’ vero che anche il costo delle materie prime è sceso ( 21% rottame, 14% nichel, 22% energia elettrica) ma il differenziale con i prezzi è rimasto penalizzando i risultati. La situazione del mercato è difficile come non si vedeva da tempo e la politica dei prezzi per sostenere la domanda e competere con l’import non può essere attuata a lungo. La lettera dell’Ast riflette questa oggettiva difficoltà. Se invece di analizzare i punti critici ci mettiamo a far crociate può darsi che strappiamo qualche pagina in più sulla stampa ma di sicuro non aiutiamo né la città né il paese a cui è richiesto uno scatto di reni ed un livello di dialogo e di scelte sinergiche per finalizzare le opportunità che ci derivano sia dal Pnrr che della disponibilità dell’imprenditore ad investire nel settore e nel mix prodotti.

*Federmanager Terni

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