di Maurizio Troccoli

La sintesi potrebbe essere l’uscita dall’isolamento nell’alta cucina. Ma prima ancora di inoltrarci nella differenza che l’Umbria è riuscita a marcare nell’ultima edizione della Guida Michelin, rispetto al passato, è il caso di sottolineare come sia la favorita a ospitare l’edizione 2025 della Guida Michelin.

Nell’ultima edizione, andata in scena, ieri, martedì, l’alta gastronomia umbra segna un punto storico di svolta. Il territorio dominato da Vissani e, in secondo ordine, da Vespasia per molti anni (quest’anno anche stella verde), ha presentato una nuova generazione di chef, che a definirli post Vissani, potrebbe non rendere a pieno quanto accaduto.

©Fabrizio Troccoli

Non si può imputare alla preziosità delle materie prime, il fatto che l’Umbria, sia stata relegata in un ruolo marginale nel mondo dei palati sottili. Piuttosto è ai fornelli che si è giocata una partita quasi mai, tranne rarissime eccezioni, da regina della tavola. L’influenza di altre regioni, nei vari angoli dei perimetri regionali, ha contribuito a ritardare l’appuntamento sia con una identità precisa e distinguibile che con una ricerca matura e soddisfacente per gli esigenti giudici. Probabilmente, anche l’insufficiente peregrinare per le cucine del mondo, ha inciso, per molto tempo, sull’ingiustificabile assenza di nuove stelle da appuntare ai grembiuli bianchi.

Giorgione

I tempi tuttavia sono cambiati. Ed è più che evidente il brulicare di ambiziosi progetti di alta cucina particolarmente nel territorio del Perugino. I primi segnali sono giunti con l’ingresso, nella guida Michelin (una stella, confermata anche nell’edizione 2024), del ristorante l’Acciuga. Insomma, pur custodendo scrigni di preziosa tradizione, dal noto artigiano dei fornelli Giorgione, con i suoi ristoranti di Montefalco e Grutti, fino appunto alle elaborazioni di Casa Vissani a Baschi, l’Umbria si apre finalmente a nuove generazioni di progettisti di piatti gourmet, che hanno l’ambizione di continuare a navigare lungo le orbite sfidanti della ‘ricerca gastronomica’. Tra questi Giulio Gigli del ristorante Une a Capodacqua di Foligno, che tre anni fa ha lasciato uno dei migliori ristoranti del mondo ‘Disfrutar di Barcellona’, per un ritorno ad alto rischio, in terra umbra. Il suo nuovo ristorante è sorto in un contesto affatto favorevole ai concept che combinano internazionalità a storia.

C’è poi Andrea Impero, che ha fatto ingresso in una nobile cucina, all’interno di una delle spa più lussuose d’Europa, ‘Borgo Brufa’ il cui laboratorio gastronomico è impegnato da molti anni alla conquista del palcoscenico stellato. Ci è riuscito investigando primizie di un territorio generoso e autentico, per modellarle ‘sinfonie’ moderne. Quindi una chef del centro storico perugino, Ada Stifani, patron di ‘Ada Gourmet’, novità sorprendente per questa nuova era dei laboratori del gusto, ma che ha un lungo trascorso di attività ai fornelli nello storico locale L’Officina.

Più che di tramonto di Vissani, non giustificabile dalla perdita delle tre forchette in Ristoranti d’Italia 2024 di Gambero Rosso – contro cui il cuoco di Baschi ha tuonato accusando di sensazionalismo la nota rivista, mentre il figlio ha messo in dubbio la stessa presenza dei giudici nel loro ristorante – si diceva: più che di tramonto suo, si potrebbe parlare di avanzamento di una nuova generazione di cuochi, portatrice di un linguaggio che incuriosisce e conquista fiducia. L’ambizione di portare la cucina umbra su nuove frequenze è tra le dita di questi chef: l’opzione che questo possa generare un virtuosismo competivo e un indotto favorevole, unitamente alla premesse di un territorio di autenticità e straordinaria varietà di materia prima, fa dell’Umbria uno dei contesti più interessanti sulla frontiera della tavola stellata. Chissà che non ci sia anche questo a renderla favorita per l’edizione ‘Michelin 2025’.

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