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La protesta che è nata a Perugia, come risposta al provvedimento siglato dalla Giunta Tesei, che cambia le regole per l’aborto farmacologico, non rendendo più praticabile il regime ‘day hospital’, arriva al ministero della Sanità, a Roma. Si sono dati appuntamento in piazza CAstellani, nel lungotevere Ripa, i manifestanti, armati di cartelli, striscioni, fischietti, sloga, m anche una petizione per chiedere una nuova legge. Vogliono e chiedono al ministro della Sanità, mentre consegnano all’Aifa, l’elenco dei firmatari per la proposta: ‘Aborto sicuro e contraccezione gratuita per tutti’ e la ‘Ru 486 ambulatoriale fino a 9 settimane’. Diverse anime del mondo dell’associazionismo, ma anche della società civile e rappresentanti politici, oltre a volti noti, sono presenti all’appuntamento romano o stando dando sostegno all’iniziativa, particolarmente attraverso i social media. E’ il caso di Roberto Saviano

Le associazioni dalla piazza ai social.

Mattina e sera staremo qua a ricordarvi la nostra liberta’, oggi e domani Speranza lo sa noi non molliamo finche’ a 9 arrivera”. Cantano cosi’ le attiviste della rete Pro-Choice Rete Italiana contraccezione e aborto che stamattina si sono date appuntamento vestite di rosso, con fiori, striscioni e palloncini, in piazza Castellani a Roma, davanti al ministero della Salute, per chiedere l’estensione dell’aborto farmacologico da 7 a 9 settimane in consultorio o ambulatorio e la contraccezione gratuita per tutte.
Rivendicazioni tornate alla ribalta con la manifestazione femminista dello scorso 21 giugno a Perugia contro la decisione della governatrice dell’Umbria, Donatella Tesei, di obbligare al ricovero ospedaliero di tre giorni le donne che scelgono la pillola abortiva. L’atto politico ha fatto da detonatore alla mobilitazione delle donne, culminata oggi con la consegna alla sottosegretaria della Salute, Sandra Zampa, e a una rappresentante dell’Aifa, delle 80mila firme raccolte dalla petizione per la contraccezione gratuita e responsabile e delle sottoscrizioni ricevute dal mondo della politica, dell’associazionismo, della cultura e delle professioni mediche
all’appello sull’aborto farmacologico promosso dalla rete Pro-Choice durante l’emergenza coronavirus.
RU2020 Rete Umbra per l’autodeterminazione, Amica
(Associazione medici italiani contraccezione e aborto), Non Una
Di Meno, Casa Internazionale delle Donne, Laiga, Amnesty
International, Unar, Vita di Donna, Coordinamento delle assemblee
delle donne dei consultori di Roma e del Lazio solo alcune delle
realta’ presenti in piazza a manifestare per la piena attuazione
della legge 194, per il suo aggiornamento con l’introduzione
della prescrizione domiciliare della Ru486, resa ancora piu’
urgente dalla pandemia, e il rafforzamento della rete consultoriale.

‘Nessuna obiezione sui nostri corpi’, si legge su uno striscione steso a terra, ‘Piu’ preservativi meno Salvini’ sta scritto più in là su un cartello steso al sole assieme a preservativi e foglietti illustrativi. Mentre a terra in un ombrello aperto giacciono scatole vuote di Mifegyne (Mifeprostone), accanto a sedano e prezzemolo messi ai piedi del rotolo delle firme, «erbe usate dalle donne in decotto per provocare l’aborto quando non avevano altri mezzi, spesso rimettendoci la pelle, con cui oggi vogliamo dire di abbandonare il passato per proiettarci verso il futuro», spiega alla Dire Carla Eleonora Ciccone di Laiga e Rete Pro-Choice. «Siamo qui davanti al ministero della Salute perche’ vogliamo mettere un po’ fretta, perchè la percezione è che per loro l’estate non sia un problema – dichiara all’agenzia di stampa Dire
Marina Toschi, ginecologa della Rete umbra per l’autodeterminazione e della Rete italiana per la contraccezione e l’aborto -. Noi che vediamo le donne che rimangono senza servizi ivg aperti durante l’estate, sappiamo quanto sarebbe importante cominciare subito a utilizzare l’aborto farmacologico in maniera piu’ semplice e diffusa. In Italia si puo’ usare solo fino a 7 settimane, nel resto del mondo fino a 9». Stop all’obbligo del farmacologico in ospedale, quindi, «perche’ si puo’ fare benissimo all’interno di un consultorio o un poliambulatorio aggiunge Toschi -. In Portogallo si fa, in Irlanda lo fanno i medici di famiglia, in Francia le ostetriche, percheè non è possibile da noi? Chiediamo questo: accorgersi che è tanto tempo che aspettiamo, anche per la contraccezione, per cui chiediamo il rispetto dell’articolo 2 della 194 che lo prevede». «Ascoltiamo donne di tutta Italia che ci dicono che non danno la pillola del giorno dopo, tolta da Beatrice Lorenzin dalla lista dei farmaci obbligatori che bisogna avere in farmacia», sottolinea Elisabetta Canitano, ginecologa dell’associazione Vita di Donna, mentre Serena Fredda, attivista di Non Una Di Meno-Roma punta il dito contro il sistema sanitario che durante l’emergenza coronavirus «ha messo sostanzialmente ai margini i servizi ivg e per la salute sessuale e riproduttiva delle donne, che hanno funzionato a scartamento ridotto producendo un enorme disagio per
le donne che si sono ritrovate a vivere in quel momento una gravidanza non desiderata. Introdurre la Ru486 a pieno regime senza ricovero ospedaliero- sottolinea Fredda alla Dire – alleggerisce ospedali e spesa sanitaria e consente alle donne un approccio più sereno a questo intervento».

«Durante il lockdown abbiamo avuto tante segnalazioni di ragazze che ci chiamavano da un consultorio che risultava chiuso per il Covid – riprende Toschi-.  Una delle cose che noi chiediamo è che ci sia un numero unico del ministero che risponda alle donne che hanno problemi di salute sessuale e riproduttiva come c’e’ per l’Aids” cosi’ come e’ fondamentale “un sito sulla contraccezione. Andremo avanti finche’ non otterremo il risultato, compreso la riorganizzazione dei consultori», e’ la promessa di Toschi, che auspica l’apertura di un tavolo al ministero su questi temi. E proprio dal ministero, dopo l’incontro con le attiviste, arriva un impegno: «Abbiamo presentato le 80mila firme che chiedono che i contraccettivi siano resi gratuiti e le firme raccolte per facilitare l’accesso all’aborto farmacologico ostacolato dalle linee guida ferme a dieci anni fa e dalle indicazioni dell’Aifa nel 2010 diede quando autorizzo’ l’immissione in commercio – fa sapere ai giornalisti Eleonora Cirant, della rete Pro-Choice- Le rappresentanti delle
istituzioni ci hanno garantito che entro il mese il Consiglio superiore di sanità a cui il ministro ha fatto richiesta di un parere per la modifica delle linee di indirizzo risponderà e che Aifa sta collaborando per dare una risposta. La dichiarazione è che le linee di indirizzo verranno aggiornate sulla base delle nostre richieste». Sollevato nel corso dell’incontro «anche il problema degli aborti clandestini che sono 11-14mila. A 41 anni dall’introduzione di una legge che legalizza l’aborto nel nostro Paese – conclude Cirant- riteniamo che sia molto grave»

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