Un vigneto in Umbria

di D.B.

Una qualità definita «medio-buona» ma una produzione inferiore a quella della vendemmia 2022 e della media 2018-2022. Sono queste per quanto riguarda l’Umbria le previsioni dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini (Uiv), presentate martedì al Ministero dell’Agricoltura. Per l’Umbria si parla di una produzione di 320 mila ettolitri, in calo del 20 per cento rispetto all’anno scorso, mentre tra 2018 e 2022 la media è stata di 399 mila ettolitri. La flessione registrata quest’anno in Umbria è identica alla media delle regioni del Centro Italia, mentre al Nord si parla di un lieve aumento (+0,8 per cento) e al Sud di un calo del 30 per cento.

La peronospora Grande e indesiderata protagonista quest’anno è stata la peronospora, una malattia fungina provocata dalle eccessive precipitazioni. «L’andamento climatico umbro – è detto nel rapporto – ricorda molto quello del 2013. Le condizioni climatiche, soprattutto per le forti piogge di maggio e giugno, hanno determinato un’importante diffusione delle malattie fungine con evidenti attacchi di peronospora. Questi, hanno colpito indifferentemente tutto il territorio. La stabilità climatica verificatasi dalla seconda metà di agosto ha consentito un certo recupero nella maturazione delle uve». 

Le varietà La situazione è però differente a seconda delle varietà. «Tra le diverse varietà coltivate – spiegano Assoenologi, Ismea e Uiv – si evidenzia una situazione particolarmente critica sul Sagrantino, che oltre all’attacco fungino ha risentito in modo particolare anche della gelata primaverile. Su tale vitigno si stima, quindi, un’importante riduzione della produzione». Quanto alle uva a bacca bianca invece, «il particolare andamento climatico, caratterizzato da escursioni termiche anche importanti, ha consentito una buona tenuta dell’acidità e consolidato un ottimo patrimonio aromatico che, con una buona gestione enologica, darà risulti certamente interessanti». Complessivamente in Italia la produzione scende intorno ai 44 milioni di ettolitri, con una flessione del 12 per cento rispetto all’anno scorso; numeri che fanno ipotizzare all’Osservatorio una delle vendemmie più “leggere” degli ultimi sei anni. 

I commenti Il presidente di Assoenologi, l’umbro Riccardo Cotarella, parla di «una vendemmia molto complessa, per gli effetti di alluvioni, grandinate e siccità. La fotografia ci indica un calo della produzione significativo». Ma «otterremo vini di buona qualità, con punte di eccellenza». La contrazione produttiva di quest’anno non va vista però con troppa preoccupazione, «visto il livello elevato di giacenze, che ha superato i 49 milioni di ettolitri, ha commentato il Commissario straordinario di Ismea, Livio Proietti. Il vero problema, aggiunge, «è il rallentamento della domanda interna ed estera, che sta deprimendo i listini». Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi, «tra le priorità, occorre chiudere il decreto sulla sostenibilità e ammodernare il vigneto Italia, mediamente vecchio, difficile da meccanizzare e costoso da gestire» oltre a «rivedere il sistema delle Dop e Igp, compresa la gestione di mercato». 

Meno ma migliore «La minor quantità di vino prodotta quest’anno – ha aggiunto Frescobaldi – ci ha tolto la medaglia della produzione europea, ma era una medaglia di legno. Vincevamo in termini di quantità ma in termini di valore eravamo sotto la Francia: non era una medaglia d’oro, gliela lasciamo volentieri. Dobbiamo invece fare in modo che vengano remunerati bene i produttori. C’è bisogno di alzare i prezzi delle uve». «Non ci possiamo più permettere – ha aggiunto – vendemmie da 50 milioni di ettolitri l’anno: sono un anacronismo, visto che abbiamo Paesi che stanno entrando nel mercato, come la Cina. L’India sta iniziando a produrre vini, il Sud America ha ripreso terreno. Quindi dobbiamo avere produzioni più basse ma migliori».

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