Turisti ad Assisi (foto archivio Umbria24)

di Ivano Porfiri

«Se l’Umbria vuole ripartire deve guardare all’esempio del Trentino, diversificare la sua offerta di prodotti ed evitare di promuovere il territorio in sé perché i turisti oggi vogliono qualcosa da fare, non da vedere». Paolo Desinano, consulente esperto di formazione e ricerca nel campo turistico, relatore alla presentazione del rapporto 2016 sull’Economia dell’Umbria targato Bankitalia, tenta di indicare una strada a un settore messo letteralmente in ginocchio dal terremoto e i suoi effetti collaterali (leggasi allarmismo e approssimazione di molti media nazionale, che hanno fatto transitare un messaggio di profonda insicurezza senza distinguere tra le aree realmente colpite e l’intero territorio regionale).

I dati: era un bel 2016 Bankitalia, scorporando i numeri del 2016 in tre, evidenzia come il sisma abbia colpito in un momento di forte ripresa del settore: fino al 24 agosto la crescita sul 2015 era del 7,3 per cento a livello regionale e tutti i comprensori crescevano eccetto il Tuderte (-3,6). Più di tutti trainava lo Spoletino (+23,9), seguiro da Eugubino (+14,1) e Folignate (+12,9). Assisi volava a +8 per cento e anche la Valnerina col +5,5 per cento era meta fortemente ambita.

Poi arriva il terremoto Dopo la prima scossa (quella dei 300 morti ad Amatrice) l’Umbria tutto sommato regge. Tra il 25 agosto e il 30 ottobre calano oltre il 10 per cento solo il Tuderte (-21,6), lo Spoletino (-13,1), il Ternano (-12,9) e perfino la Valnerina perde sì il 46,3 ma non tracolla. E c’è perfino chi guadagna come Folignate, Trasimeno e Amerino. Ma il sisma del 30 ottobre spegne ogni segnale di tenuta, da lì in avanti il segno meno coinvolge tutti i comprensori col comprensibile picco in Valnerina (-95,4) ma anche i meno comprensibili -39,8 nell’Assisano, -45,8 nell’Eugubino, -22,2 al Trasimeno, -30 in Altotevere. Luoghi lontani dal cratere e sostanzialmente indenni. Alla fine il 2016 si chiude con un complessivo -1,1 per cento quantomai bugiardo, figlio di un anno spezzato in due, anzi in tre.

Inizio anno da incubo E l’inizio 2017 segue l’andamento dell’ultimo bimestre. Tra gennaio e marzo il dato complessivo è -32,9 rispetto a inizio 2016. L’Umbria senza la Valnerina sarebbe poco sotto: -29,6 per cento. I comprensori più colpiti sono l’Assisano (-41,4), lo Spoletino (-40,8), l’Amerino (-40,5), l’Eugubino (-40,4). Il Trasimeno è poco sotto: – 36,5. Quelli che vanno meglio, ma sempre col forte segno meno, sono il Folignate (-19,2) e il Ternano (-13,1).

Come fare per rialzarsi? La Regione ha avviato diverse campagne promozionali. Certo, invertire la tendenza è dura, specie se in ballo c’è una componente irrazionale come la paura. Tuttavia, secondo il direttore della filiale della Banca d’Italia, Nicola Barbera, «ci sono i margini per tornare a risalire, anche considerando il fatto che oggi il turismo vale solo il 4 per cento del Pil umbro». Nei suoi approfondimenti in occasione del convegno annuale che accompagna il report, Bankitalia ha provato a coinvolgere il consulente Paolo Desinano: «l’Umbria – ha detto – deve tentare di copiare dai migliori. Penso al Trentino, che da anni applica una diversificazione nel marketing turistico».

TANIA CAGNOTTO ALLE MARMORE – SPOT FILIPPO TIMI

Diversificare per rialzarsi Desinano ha spiegato come «oggi nessuno parla più di turismo, bensì di turismi. I viaggi sono più brevi ma più frequenti, non ci si sposta per vedere ma per fare. L’Umbria possiede forti attrattori ambientali e culturali ma è un errore promuovere quelli così come promuovere genericamente l’Umbria in sé. Va fatta, invece, una ingegnerizzazione del prodotto rispetto ad aree tematiche: l’Umbria del trekking, l’Umbria della spiritualità, l’Umbria enogastronomica. Una caccia alle nicchie sì più piccole, ma in grado anche di destagionalizzare e di rendere il territorio più resiliente a eventi come il terremoto perché quei turisti sono molto più motivati a effettuare il proprio viaggio»

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