di M.T.
Da ottobre e fino ai primi di dicembre è in corso il mercato mondiale del Tartufo bianco d’Alba che oltre a essere il prodotto di punta nazionale, in questo settore, è il luogo dove si formano i prezzi del tubero più pregiato al mondo. Che quest’anno va verso i 450 euro all’etto, secondo il borsino, per una pezzatura media di 15, 20 grammi. Un prezzo che si abbassa rispetto al picco dell’anno scorso per scarsità di prodotto. Ma se il tartufo bianco di Alba riesce ancora a tenere banco, nel salotto del prodotto alimentare tra i più pregiati al mondo, richiamando nuovi acquirenti come gli asiatici, e confermando quelli classici, quali svizzeri, francesi, americani, tedeschi e belgi, il tartufo bianco dell’Alto Tevere non è da meno e soprattutto il tartufo dell’Umbria non ha minori ambizioni volendo conquistare il mercato anche dal punto di vista della disponibilità.
Filiera Siamo la prima regione infatti ad attrezzarsi per fare fronte alla crescente domanda del mercato internazionale, puntando quindi a filiere in grado di garantire il prodotto dalla micorizzazione al barattolo. Anche questa è una storia ormai lunga, con l’università di Perugia pioniera della ricerca, nella capacità di micronizzare le piante, ovvero renderle in grado di produrre tartufo, e poi con i vivai regionali che per primi hanno realizzato una rete commerciale, fino ai grandi marchi delle imprese umbre del tartufo che hanno trasformato e venduto in tutto il mondo. Questi specialisti della materia, hanno realizzato un vero distretto del tartufo, con specializzazioni in tutte le fasi e in tutte le componenti, in grado di generare filiere completamente in house.
Secondo il Sole 24 Ore, il valore nazionale della commercializzazione del prodotto fresco è di 200 milioni di euro, mentre a livello globale raggiunge i 500 milioni, l’anno. La Regione ha investito 4,5 milioni a disposizione della filiera, dalle imprese agricole a quelle agroindustriali per incrementare la produzione e renderla tacciabile made in Umbria. L’iniziativa conta ad oggi 5 filiere tartuficole e 600 ettari di terreni marginali messi in produzione, per una prima possibilità di raccolto entro 4-6 anni. Inoltre sono state esemplificate le procedure per avviare le coltivazioni in modo da accelerare i processi.
Una filiera è capitanata dal noto marchio Urbani, con 100 produttori affiliati per 250 ettari di coltivazioni. Si prospetta una produzione di 2 mila chili l’anno di nero pregiato e 20 mila di tartufo estivo, a partire dal decimo anno dell’impianto. L’azienda è in mano alla quinta generazione tra Giammarco Urbani, Olga e Carlo, con sede a Scheggino (85 milioni di euro di fatturato) proprietaria di Truffeland (società che vende piantine micronizzate e realizza impianti) e ideatrice della Linea Filosofia Naturale, con i trasformati e i tartufi affettati, ad alto ‘rispetto ambientale’.
Sta per raddoppiare la superficie aziendale, con lo stabilimento di Sant’Anatolia di Narco che raggiungerà 16mila metri quadrati di superficie per 8 milioni di investimento e due anni di cantiere. I dipendenti potranno usufruire anche di una palestra, non mancheranno sala congressi e ristorante. La Ubrani Truffles Usa conta 60 dipendenti e sedi a New York, Miami, Chicago, Los Angeles, Las Vegas e San Francisco. Vuole aprire a Hong Kong, Tokyo, Singapore e Bangkok. Comprensibile, con un export che rappresenta il 75% dei ricavi, di 85 milioni nel 2022 (+18%). Obiettivo 100 milioni entro il 2025.