di Marta Rosati
«Se dovessi individuare un momento particolarmente significativo della vertenza del 2014, proporrei il giorno della manifestazione a Roma. Io, alla prima esperienza di delegato sindacale, dietro lo striscione, accanto a me Maurizio Landini e altri della segreteria nazionale della Fiom; ritrovarsi davanti a una schiera di poliziotti che blocca il corteo fino a ricevere il segnale di caricare ha prodotto un’escalation di emozioni forti e contrastanti, dall’orgoglio di appartenenza al senso di responsabilità, fino all’adrenalina e la paura, se non anche l’amarezza del trattamento riservato a chi pacificamente era in una piazza della capitale a difendere esclusivamente il proprio lavoro e la fabbrica della propria città».
Fiom Cgil A parlare è Yuri Cricco, delegato Rsu Fiom-Cgil dell’acciaieria: «Ho provato a spiegare agli agenti le nostre buone intenzioni ma ho trovato davanti a me gli occhi di chi è pronto a un atto scellerato che puntualmente si è verificato. E trovarsi in prima linea non è stato affatto piacevole, tra le pressioni delle retrovie e le manganellate senza risparmiare i leader nazionali della nostra organizzazione sindacale».
Morselli tra i lavoratori Non è tutto. Cricco ricorda lucidamente e con fastidio un altro episodio che ha segnato la battaglia in difesa dell’acciaieria: il blitz notturno dell’allora Ad Lucia Morselli in viale Brin tra i lavoratori: «Ero in Comune, dove era in corso l’occupazione della sala consiliare, sono stato chiamato da alcuni colleghi e ho raggiunto la portineria del sito siderurgico. Lì ho trovato un gruppetto di persone che la contestavano ma altri erano intenti ad ascoltarla e non mi sono risparmiato nel tentativo di dissuaderli: «Mandatela via, vi sta solo provocando».
Vertenza Ast Ripensare a quei tempi suscita inevitabilmente una riflessione sulla fabbrica oggi, ma anche sul ruolo del sindacato e l’approccio della classe operaia: «Quando sono entrato venti anni fa ricordo la scuola dei più anziani sull’aiuto reciproco, l’atteggiamento collettivo. Negli anni questo è venuto a mancare a vantaggio dell’individualismo che ha contestualmente prodotto uno stato di cose per cui è al sindacato che spesso vengono addossate le colpe di battaglie perse o non affatto combattute. Si perde di vista troppo spesso la necessità di avere un ‘esercito’ per lottare. Sono entrato in una fabbrica in cui c’era l’idea di difendere il collega accanto in ogni modo e ad ogni costo, oggi ciascuno pensa esclusivamente per sé. Nel mio piccolo non posso che lavorare per invertire la rotta».