di Maurizio Troccoli

Stop ai voli low cost. Lo dice il numero uno di Ryan air. Progressivamente, da qui al 2025, i biglietti da 0,99 euro oppure 4,99, o 9,99, ovvero tutti quelli a tariffe inferiori a 10 euro, tenderanno a salire, per poi passare a tariffe medie. Michael O’Leary, padre di questo modello di business, afferma anche che la tariffa media di Ryanair, che l’anno scorso è stata di 40 euro, passerà a 50 euro nel corso dei prossimi cinque anni. Colpa del caro petrolio. Ora in tanti si chiedono se le scelte del colosso Ryanair saranno imitate dalle altre compagnie low cost o se, al contrario, apriranno nuove opportunità di mercato nella giungla della concorrenza spietata sui voli. Resa possibile da un modello che ha rinunciato al guadagno sul sedile, trasformandolo in una operazione di marketing (si tenga conto che, a seconda della compagnia, dai 3 ai 7 posti ogni 100, venivano venduti alla tariffa più bassa, funzionando da attrattori, tutti gli altri progressivamente a prezzi maggiori), provando a guadagnare su tutto il resto. Dallo spazio per i piedi, al bagaglio, fino alla merenda, allo shop, alla priorità del biglietto, al check in, e altre opzioni di ogni sorta. Costi contenuti anche sfruttando tratte sconosciute, in aeroporti secondari, a orari impensabili in piena notte o di prima mattina.

E’ accaduto con le principali low cost come Ryan Air, EasyJet e Wizz Air, ma anche con tante altre compagnie che sono un asset di altre compagnie di bandiera e hanno spesso nomi sconosciuti. Dentro queste dinamiche entra a pieno titolo anche l’aeroporto di Perugia, target con tutti i requisiti per le compagnie aeree low cost, ovvero situato in un contesto turistico che necessita di flussi di passeggeri in entrata, su cui è disposto a compiere interessanti investimenti economici a vantaggio delle compagnie, a poca distanza da grandi città come Roma, con un aeroporto secondario ma in grado di fornire i servizi essenziali, e con una utenza potenziale di residenti, pronti a cogliere le occasioni per veloci incursioni in città europee, a basso costo.

Questa fase di ‘transito’ se non di stordimento dell’economia, post pandemica, in cui ci si attendeva una ripresa  e invece ci ha presentato un’inflazione determinata dal caro energia e non solo (a proposito nella classifica stilata dall’Unione consumatori italiani i voli europei sono il servizio al primo posto per rincaro), potrebbe scoraggiare i viaggi intesi come servizio superfluo oppure no. In entrambi i casi, ovvero sia per incentivarne l’acquisto e sia per combattere i concorrenti, il low cost potrebbe continuare a trovare ragione di esistere.