di Chia.Fa.

Confcommercio stima per il 2023 un aumento del Pil italiano dell’1,2 per cento, ma in Umbria la velocità è ridotta e non si andrà oltre una crescita dello 0,6 per cento. In questo quadro, la variazione del Pil 2020-2023 in Umbria sarà negativa per lo 0,2 per cento (segno meno nel quadriennio del Covid solo per Liguria, Toscana, Sicilia, Calabria e Sardegna).

Pil 2023: in Umbria +0,6 per cento Le previsioni sono contenute nell’analisi sulle economie regionali fornita dal Centro studi di Confcommercio, secondo cui i consumi in Umbria nel 2023 aumenteranno dell’1,1 per cento, in questo caso in linea con la previsione nazione (1 per cento) e del Centro Italia (1,2 per cento). Il Centro studi di Confcommercio, inoltre, rileva una crescita «dei divari Nord-Sud», perché a correre sempre più veloce è la Lombardia (Pil 2023 +1,7 per cento), mentre sono praticamente ferme Calabria e Sardegna, entrambe con crescita zero. Il gap è confermato anche per macro aree territoriali col Nord-Ovest del paese che crescerà dell’1,4 per cento e il Mezzogiorno di appena lo 0,5 per cento. Il divario si registra anche per i consumi, col Nord che fa rilevare +1,2 per cento e il Sud che si ferma a 0,4 per cento.

Focus economia «Il rallentamento del Pil è il riflesso del rallentamento dei consumi, nonostante il forte traino del turismo», rilevano gli esperti del Centro studi, segnalando che «l’economia italiana continua a battere previsioni e non ci sarà la paventata recessione, neppure mite, come da nostre previsioni risalenti alla fine della scorsa estate». Ciò non toglie che il 2023 è considerato «un anno di transizione tra la fase di eccezionale recupero post-pandemico e un futuro incerto e complesso, nel quale la crescita economica è tutta da costruire». In questo quadro, Confcommercio invita alla cautela, spiegando «ciò che sembra sfuggire a molti osservatori (entusiasti)», ovvero che «la migliore performance osservata nel primo quarto dell’anno non ha modificato minimamente la visione del funzionamento a breve termine del sistema economico italiano», che «conferma la fase di rallentamento». Nel mirino, oltre alla guerra in Ucraina e «l’inflazione che sembra calare in modo più graduale del previsto», finiscono «i reali i ritardi negli investimenti del Pnrr» e «i dubbi sui tempi di adozione delle principali riforme».

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