Altopiano Alfina

di Chia.Fa.

«Il Consiglio dei ministri ha deliberato di superare la mancata intesa della Regione Umbria e di consentire la prosecuzione del procedimento di realizzazione dell’impianto pilota “Castel Giorgio” per ricerca di risorse geotermiche». Questa la decisione presa dal governo gialloverde nella serata del 31 luglio dopo aver ascoltato l’assessore Antonio Bartolini che ha ribadito la posizione già definita da Palazzo Donini alla vigilia del summit. Sull’impianto geotermico di Castel Giorgio non sarà quindi riaperta la Valutazione di impatto ambientale, come pure era stato paventato nel corso del 2018 nell’ambito degli incontri per la concertazione amministrativa.

Ok del governo senza intesa con Regione Con delibera 929 del 30 luglio, infatti, la giunta regionale ha acceso un nuovo disco rosso sull’impianto pilota ritenendo, a seguito degli «approfondimenti con l’Avvocatura regionale e con gli uffici competenti» richiesti nelle scorse settimane, «di non poter esprimere in ogni caso (negativo o positivo che sia) intesa formale sull’impianto, trattandosi di atto di rilevanza politica non opportuno da parte di una giunta che opera esclusivamente in regime di ordinaria amministrazione». Nonostante l’opposizione dei territori del Ternano e del Viterbese coinvolti e la mancata intesa con la Regione Umbria, dove in autunno si tornerà al voto per eleggere governatore e assemblea legislativa, il Consiglio dei ministri ha comunque deciso di andare avanti con l’impianto geotermico “Castel Giorgio”, proposto a inizio 2014 dalla Itw Lkw Geotermia Italia spa per l’immissione di 5 MWe nel sistema elettrico, le cui opere ricadono interamente nel piccolo comune della provincia di Terni. «Abbiamo ribadito la nostra posizione, ossia che la giunta regionale – ha detto Bartolini dopo l’incontro col governo di mercoledì – è in fase di ordinaria amministrazione e che su un atto che implica un’intesa non potevamo esprimerci, citando a supporto anche la sentenza del Tar. Il governo ha preso atto e da parte nostra abbiamo suggerito un rinvio».

Orvietano e Tuscia in agitazione Invece è arrivata la decisione del Consiglio dei ministri che era nell’aria dato che, nei giorni scorsi, Mariarita Signorini e Lucio Riccetti, rispettivamente presidente nazionale e regionale di Italia Nostra, avevano segnalato l’imminente decisione del governo, tornando a ricordare, oltre alle «preoccupazioni per l’impatto ambientale dell’impianto industriale», anche che «le popolazioni e le amministrazioni locali di una vasta zona dell’Orvietano e della Tuscia viterbese hanno più volte manifestato negli anni la loro opposizione con numerosi atti ufficiali, con la formazione di comitati, e con la predisposizione di numerosi studi e pareri tecnici di alto profilo contrari al progetto». Il governo ha comunque superato l’impasse della mancata intesa con la Regione su un impianto contestato da comitati, associazioni e Comuni, oltreché finito al centro di ricorsi e decisioni del Tar, compresa quella con cui i giudici dell’Umbria lo scorso anno hanno annullato due delibere di Palazzo Donini, una del 2015 e una del 2016, con cui l’ente aveva deciso di «non rilasciare l’intesa richiesta sull’impianto geotermico di Castel Giorgio per motivi di ordine politico, in quanto pur essendo positivo l’esito della Via, i Comuni del territorio si oppongono fortemente  all’intervento». Lo stesso autorizzato mercoledì dal governo.

M5s: «Contrari ma rischiavamo risarcimenti» Sulla vicenda sono intervenuti i deputati del M5s, Federica Daga e Gabriele Lorenzoni secondo cui, «pena la contestazione di omissione di atti di ufficio, il Consiglio dei ministri non poteva far altro che registrare il parere favorevole delle parti chiamate a pronunciarsi sull’opera in sede di conferenza dei servizi e il parere decisivo (e discutibile) della Commissione per la Valutazione ambientale (Via). In caso contrario, la società proponente – dicono i due deputati – avrebbe potuto pretendere il diritto a un cospicuo risarcimento a carico dello Stato e, in solido, dei ministri stessi». Bordate all’indirizzo sia della Regione Umbria che della Regione Lazio, con la prima accusata da Daga e Lorenzoni, di avere «delle delibere di giunta annullate da una sentenza del Tar, che le ha dichiarate irragionevoli e contraddittorie: la giunta umbra ha sempre assunto una posizione ambigua, dichiarando inizialmente che non era contraria al progetto, per poi ripensarci e non rilasciare l’intesa». Malgrado la decisione del Consiglio dei ministri, «il M5s era ed è contrario alla realizzazione dell’impianto geotermico in questione e non ha mai fatto mancare il sostegno ai comitati e ai cittadini del territorio in questa battaglia», né lo faranno mancare dato che «alle amministrazioni offriamo ora tutto il sostegno – dicono – per impugnare la decisione della Commissione per la Valutazione d’impatto Ambientale. La via legale ora rappresenta l’unica opzione percorribile e noi la percorreremo accanto alle comunità interessate, mentre i consiglieri regionali di maggioranza e la giunta di Umbria e Lazio fingono di stare dalla parte dei cittadini piangendo lacrime di coccodrillo e scaricando su altri le loro inequivocabili responsabilità».

Lega: «Continueremo a batterci per tutelare la Piana» Sulla stessa lunghezza d’onda i parlamentari umbri della Lega, che «prendono atto con rammarico» del via libera e dicono che «continueranno a battersi per la tutela del delicatissimo ambiente dell’Alfina, tenuto conto anche della forte preoccupazione che desta il mancato accoglimento da parte del Tar del ricorso delle associazioni ambientaliste contro la decisione di ampliamento della discarica Le Crete. Crediamo che il futuro di un territorio come quello di Orvieto e del suo comprensorio, debba essere quello della tutela e valorizzazione dell’ambiente, dei prodotti enogastronomici e del turismo, caratteristiche che sono, a nostro giudizio, incompatibili con impianti e strutture che potenzialmente potrebbero mettere a rischio ambiente e tutela del paesaggio. L’unico rammarico che rimane – proseguono il segretario regionale Caparvi, Briziarelli, Saltamartini, Tesei, Marchetti e Pillon – è che la Regione non abbia mai preso una posizione contraria, chiara e netta, alla realizzazione dell’impianto e nella seduta del Consiglio dei Ministri l’assessore Bartolini si sia trincerato dietro all’impossibilità di esprimere un parere positivo o negativo poiché la Regione Umbria è in ordinaria amministrazione. Sarebbe bastato manifestare prima la propria posizione».

Regione: «Governo poteva rinviare» Alle accuse hanno replicato venerdì mattina il presidente della Regione Fabio Paparelli e lo stesso Bartolini, sostenendo che «la posizione della Regione Umbria nel non dare l’intesa alla realizzazione dell’impianto di Castel Giorgio è sempre stata chiara, come testimoniano gli atti assunti nel tempo dalla giunta regionale», poi tornare a parlare «dell’ipotesi di riaprire una nuova procedura di Via statale, a causa del terremoto, con il ministro Di Maio che si era riservato di produrre ulteriore documentazione tecnica a supporto della decisione di intraprendere un nuovo procedimento di Via ed il Consiglio dei ministri aveva deliberato il rinvio della decisione previa acquisizione dei pareri tecnici ministeriali. Fino alla convocazione al Consiglio dei Ministri di mercoledì 31 luglio – proseguono – la Regione non ha più ricevuto alcuna comunicazione». Secondo Paparelli e Bartolini «il governo avrebbe dovuto accogliere la nostra richiesta di rinvio», citando due sentenze della Corte Costituzionale in base alle quali «nei casi in cui sia prescritta una intesa ‘in senso forte’ tra Stato e Regioni il mancato raggiungimento dell’accordo non legittima, di per sé, l’assunzione unilaterale di un provvedimento». Anche in questo senso gli amministratori regionali dicono che «alla luce di quanto accaduto la Regione Umbria, così come in passato sarà al fianco dei territori e delle comunità locali, anche valutando insieme ai Comuni, ad Italia Nostra ed alle associazioni ambientaliste possibili azioni nelle sedi competenti».

@chilodice