di Enzo Beretta

Puntuali. 13.30 si parte. Mi raccomando.
Mercoledì. Perugia.
Uno sguardo all’orologio.
È già tardi.
Il cronoprogramma arrivato via Whatsapp dalla gentilissima addetta stampa della Brunello Cucinelli Spa prevede l’arrivo a Milano alle 18.30. Non è il massimo per lo stomaco e considerata la giornata, me ne rendo conto, ma il tempo stringe: mi metto in coda al McDrive così non devo neanche scendere dalla macchina.
Un BigMac, mezzo litro di minerale.
La Smart segna rosso. Riserva.
Dovrei fare rifornimento. Sì, ma è tardi. Magari un’altra volta.
La benzina dovrebbe bastare.
Verdi colline tondeggianti, prati, alberi enormi, campi a perdita d’occhio, qualche casetta in mezzo al nulla.
Solomeo. Viale Parco dell’Industria.
Il pullman, un paio di colleghi giornalisti, il sindaco di Magione fuma una sigaretta.

La partenza Un alone di mistero attorno all’evento di giovedì.
Il gruppuscolo si fa sempre più numeroso con il trascorrere dei minuti.
Si è capito cosa presenta Brunello?
«Qualcosa di grande, di eterno», azzarda uno degli amici di Solomeo. «Le ultime due volte che ci ha invitato a Milano ha anticipato la realizzazione del teatro e del Progetto della Bellezza».
Ecco che arriva Carolina, la figlia più piccola.
È stata brava nell’ultima intervista a Repubblica.
Capelli biondi stretti in una coda di cavallo, un paio di jeans, maglioncino di cachemire, un paio di Nike ai piedi. Sorride a tutti, il pugno per salutare, monta sul pullman che fondamentalmente si divide in due macrogruppi: i giornalisti davanti, gli amici di Brunello dietro. Siamo tutti ospiti suoi. Monto dietro. I viaggiatori intorno a me sono quasi tutti di Solomeo, l’unico paese che conta più presidenti che cittadini. Me ne vengono presentati subito un paio: quello della Filarmonica, quello dell’Asd, chissà quali altri ci saranno in mezzo a loro. Fanno lavori normali: un dipendente della Provincia, un impiegato di Umbra Acque, l’oculista, un ex calciatore agronomo divenuto manager e uomo di fiducia del presidente. Una dozzina abbondante, i fedelissimi di Brunello, ognuno con un capo d’abbigliamento della casa d’abbigliamento che ha reso famoso questo sconosciuto borgo nell’olimpo dell’alta moda e nel mondo. Più di cento boutique nelle strade del lusso di ogni metropoli, oltre duemila dipendenti, mezzo miliardo di fatturato.

La partita a briscola e Marco Aurelio Controllo le email sul cellulare, non siamo ancora a Bettolle, quando sento bussare sulla spalla. Betti, «Ridolino» come lo chiama Brunello, il sindaco di Corciano: «Ci lasceresti il tavolino per una partita a briscola?».
Scorro una fila indietro. Alla mia sinistra un signore legge un libro con su due paia d’occhiali, uno da sole e uno da vista («Vuoi anche i miei?» ironizza uno dei quattro giocatori mentre mischia le carte), alla mia destra un altro passeggero porta avanti letture più profonde su Marco Aurelio.
È tutto elegantissimo: i passeggeri vengono rifocillati con un paninetto al prosciutto e una crostatina, lo stemma della maison sui tovagliolini di carta, ogni sedile è contrassegnato dall’invito della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli alla «presentazione di un nuovo progetto, un sogno nato tempo fa, destinato a durare mille anni grazie al valore perenne del suo significato».
Passa un’oretta, la partita si è scaldata, seguo distrattamente, buttano a monte dopo l’ennesimo (imperdonabile, a detta di Ilvano) errore di Chiodini.

Il Twix di Carolina Siamo quasi a Bologna. Freccia destra. Area di servizio Cantagallo.
«Questa è famosa perché ci sono sempre i napoletani che fanno il gioco delle tre carte», precisa uno mentre si drizza su in piedi.
«Tu fai quello tontolone – esclama un altro subito appresso -. Magari ti fa vincere la prima partita, poi quando rilancia digli che devi andare via».
Antica saggezza contadina.
Risatine.
Alla cassa dell’autogrill è impossibile pagare. «Caffè per tutti?», chiede David.
Carolina non beve caffè, un the verde freddo e un Twix.
Lei è gentile.
«Posso offrirvene un pezzetto?».
Se c’è qualcosa che ha dell’incredibile in questa giornata è l’affabilità di questa ragazza con il viso acqua e sapone, gli occhi verdi, profondi. Trent’anni, un posto sicuro al timone dell’azienda di famiglia, figlia di un miliardario appena nominato Men of the year Awards 2021 da GQ.
Non sta sopra nessun piedistallo. Timida, silenziosa.
Offre perfino un pezzo del suo Twix.
Riprendiamo la strada verso Milano e mentre leggo le ultime notizie sul display dell’iPhone, nel pullman, gira voce che stasera Brunello non ci sarà: i più informati lo danno al compleanno di Nirav Tolia, un uomo d’affari texano, fondatore di Nextdoor.
Il casello, il traffico di Milano, un lungo segmento rosso su Google Maps lascia intendere che non rimarrà troppo tempo per andare a cena.

L’arrivo in albergo La stanza dell’Hotel Principe di Savoia è la fine del mondo. Una scritta sullo schermo piatto da 50 pollici: «Benvenuto», con il mio nome. Mi piacerebbe ascoltare un tiggì ma nel dubbio si cancelli il messaggio decido di non accendere la tv. Della serie: quando mi ricapita?
Letto matrimoniale, soffici cuscini, una comoda poltroncina, moquette, doppia finestra, tende di velluto, saponi Acqua di Parma per la doccia. Un difetto dovrà pur averlo questa 343. Eccolo. Forse. Non c’è l’attaccapanni. Tiro un sospiro di sollievo: per sentirmi un po’ a casa appendo la gruccia con la giacca al cornicione della porta.

La cena al ristorante Affrontiamo a piedi il percorso che ci separa dal Ristorante Ratanà, sopra di noi il Bosco Verticale di Stefano Boeri. Milano, la città italiana che più di ogni altra ha risentito del lockdown. Commenti, frasi scontate. Sorride, Betti, quando gli viene ricordato che solo grazie a Cucinelli il Pil di Corciano, il comune che amministra, è più alto di quello della capitale economica della quarta potenza d’Europa.
La serata scivola piacevole al tavolo con Carolina, che fa gli onori di casa, e Nino Marino, il direttore del Teatro Stabile dell’Umbria, che tra un risotto allo zafferano e un tiramisù racconta della libertà che gli lascia Brunello nell’organizzare gli eventi e nella selezione degli artisti. «Brunello, cosa ne diresti di portare questo attore a Solomeo? È bravo, certo, ha un bel cachet però…». La risposta suona sinistra ma non lo è: «Nino, io faccio le magliette, finché mi va bene fai quello che vuoi». Romani racconta di quella volta che da Valter, nella piazzetta di San Mariano, non si liberava un tavolo e non sapevano come fare con l’attrice inglese Charlotte Rampling appena atterrata da Londra: «Il colpo di teatro l’ha fatto Brunello quando si è presentato in leggero ritardo e si è fatto perdonare con una mozzarella di Battipaglia da tre chili». Impartì alla Rampling una lezioncina sul modo di mangiare: «In ogni piatto devono esserci al massimo due o tre sapori, non di più».

I Navigli e Brunello Si è fatto tardi. Non per tutti. Alcuni si sganciano per andare a bere un bicchiere ai Navigli, domani è il grande evento ma l’appuntamento al Teatro Piccolo è alle 11.
Ci incamminiamo di nuovo verso la via dell’hotel. Il parco, il silenzio, un ragazzino con lo skate. Un’Aston Martin ci precede, il palazzone bianco è illuminato e imponente, nel piazzale davanti all’albergo un gruppetto di persone.
Quello è Brunello. È arrivato.
Doppiopetto blu, camicia chiara, niente cravatta, pantaloni bianchi. È rientrato dal compleanno e ora è lì insieme ad alcuni amici che hanno viaggiato nel bus insieme a noi. È stato a cena con il proprietario del Rockefeller Center ma adesso vuole conoscere da Ilvano i dettagli della partita a carte in pullman. Ricaccia le mani in tasca, abbozza un sorriso sornione: «Se c’erano questi al bar ai tempi nostri campavamo di rendita. A quest’ora eravamo tutti ricchi…».
È passata mezzanotte.
«Che dite, andiamo a letto? Io domani mi sveglio alle 6».
L’evento al teatro è alle 11, ribatte Ilvano.
«Sì ma io mi alzo sempre alle 6. Sono fatto così, che posso farci?».