di M.R.

Quando per la prima volta il cavaliere di Cremona ha messo piede nell’acciaieria di Terni, chi lo ha accolto ha issato la bandiera italiana rimuovendo quella tedesca all’ingresso dello stabilimento; da lì a pochi giorni, a sventolare in viale Brin c’era anche il vessillo del gruppo Arvedi; e ora a distanza di circa un anno dalla firma per l’acquisizione del sito siderurgico, ecco che in città anche i cartelli stradali portano il nome del famoso imprenditore lombardo. Evidentemente il simbolo di una stabilità che la nuova proprietà vuole imprimere, per confermare impegni o allontanare dubbi; il segnale comunque arriva a pochi giorni da quello che potrebbe essere il tavolo decisivo per il ricercato ‘Accordo di programma’ per sbloccare gli investimenti su Ast.

Arvedi-Ast Il 18 gennaio infatti è in programma al ministero della Transizione ecologica un summit con le istituzioni locali e il management proprio per definire il perimetro dei finanziamenti pubblici, sulla base, si spera, di garanzie sul fronte produttivo, occupazione e appunto ambientale (il 2023 è stato indicato come l’anno per la commercializzazione delle scorie recuperate e trattate). Quel ‘patto di territorio’ è la condizione posta da Arvedi per investire su Terni un miliardo di euro. I sindacati, come come noto sono esclusi dal confronto e per questo attendono da tempo che questo iter sia portato a conclusione così da poter entrare nel merito del piano industriale fermo agli applausi per una slide. All’appuntamento della settimana entrante, quando nel frattempo al Mimit le parti sociali dovrebbero essere al tavolo su automotive, siderurgia ed elettrodomestici (parola della sottosegretaria Bergamotto), Arvedi arriva col bagaglio di una fermata produttiva natalizia più lunga del solito e altri stop che hanno caratterizzato i mesi autunnali. Non solo. La proprietà si porta appresso diffusi malumori interni ad Ast per la ristrutturazione in atto nel sistema degli appalti, quindi alcuni esuberi per servizi tagliati e carenza di comunicazioni su volumi, strategie commerciali e organizzazione del lavoro come lamentano più o meno sottovoce i sindacati, che con la mediazione di Prefetto e sindaco di Terni hanno incassato (in quel caso Fim Fiom e Fismic) la garanzia delle lavorazioni Tct con totale salvaguardia occupazionale almeno fino al 2024, quando sembrava ormai impossibile.

Pallotta Da quanto si apprende, la ripresa di lunedì sarà segnata dallo stato di agitazione tutto interno alla società Pallotta (che in Ast si occupa dei refrattari per le siviere); lo hanno dichiarato i sindacati a seguito del mancato accordo coi vertici Pallotta sulla gestione del personale durante lo scarico produttivo dell’acciaieria. I rappresentanti dei lavoratori indicavano la cassa integrazione come la migliore soluzione allo scopo, casomai con la copertura tramite ferie su base volontaria ma la ditta non ha inteso attivare l’ammortizzatore sociale: «Tutti i lavoratori siano trattati allo stesso modo – tuonano Fim, Fiom e Uilm -; la richiesta aziendale di oprire le prime otto giornate di gennaio con ferie residue, anzi addirittura anticipando quelle in maturazione è incondivisibile».

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