«Quali politiche commerciali si intendono avviare per riconquistare mercati e clienti sia sullo strutturale che sull’automotive? Con quali mix produttivi? Con quali impianti? Con quali professionalità? Come si organizza il processo del taglio, della satinatura e delle spedizioni? Quali servizi? Quali sono i volumi, gli spazi di gestione? Qual è l’andamento economico?». Tante, troppe domande senza risposta e tra i lavoratori del Tubificio sale la preoccupazione; si è generato uno stato di agitazione.
Tubifico Lo scorporo del sito di Maratta dalla casa madre Arvedi-Ast, non è mai stato calato in un dettagliato piano industriale complessivo e questo fa sì che si proceda con approssimazione e senza una prospettiva netta. Forse il cavaliere sa da che parte andare ma intanto fa i conti con le criticità derivanti dallo stop del rapporto commerciale con Tct e in igni caso le scelte non sono condivise con sindacati e lavoratori. Queste e altre le riflessioni effettuate in sede di assemblea nei giorni scorsi. A riferirlo sono Rsu e segreterie di Fim, Fiom e Fismic.
Arvedi-Ast Dal confronto è emerso come volumi produttivi, investimenti e organizzazione del lavoro, così come manutenzioni, ricambi e salute e sicurezza siano temi che necessiterebbero approfondimenti. Le organizzazioni sindacali hanno ribadito che la scelta dello scorporo ha una sua prerogativa industriale. «Non a caso – riferiscono – insieme ai lavoratori si è giudicata positivamente l’operazione, provando a cogliere un’opportunità per quello che ha sempre rappresentato il Tubificio di Terni. Ma quella scelta, doveva certamente essere rafforzata all’interno di un piano industriale più complessivo e dettagliato. Il tempo trascorso oggi impone un cambio di paradigma ed è urgente una discussione che indichi come il Tubificio di Terni torni ad essere strategico nel gruppo Arvedi-Ast e nell’intera filiera del tubo».
Caso Tct Quesnto alla deflagrazione dei rapporti con Timpani e la chiusura da parte di quest’ultimo della fabbrica che tagliava i tubi per conto di Ast, i metalmeccanici dicono: «Ormai deve finire l’emergenzialità generata dalla disdetta di un contratto
commerciale, che ha prodotto esuberi nella filiera. Quei lavoratori continuano
ad essere strategici anche in ottica di efficienza e riduzione dei costi.
Lo scorporo del Tubificio, infine, non può generare differenziazioni tra i
lavoratori: organizzazione del lavoro, salute e sicurezza devono essere centrali
senza nessuna deroga».
Risparmi C’è di più: «Prima di qualunque riorganizzazione – ammoniscono i sindacati – vanno rilanciati investimenti, innovazione e formazione dei lavoratori. Invece le uniche cose che si percepiscono oggi sono le azioni volte al risparmio che quasi sempre vanno nella direzione contraria agli obiettivi sopracitati. L’azienda deve in tempi rapidi dare risposte alle problematiche emerse, attraverso incontri con le organizzazioni sindacali con la necessità di programmare prospettiva e futuro con obiettivi verificabili di volta in volta per
iniziare una vera controtendenza. C’è bisogno di ascoltare di più i lavoratori che lo stabilimento l’hanno visto nascere e svilupparsi nel tempo. I lavoratori, che da sempre hanno fatto sacrifici, dato flessibilità e professionalità, oggi, non possono diventare un
problema. Con lo stato attuale delle cose – questa la denuncia – si ha la sensazione di una smobilitazione e di rimessa in discussione di quelle professionalità! In maniera rapida auspichiamo quindi, che l’azienda esca da una gestione verticistica e coinvolga tutti i lavoratori in un chiaro progetto di rilancio, iniziando con un percorso di confronto con i rappresentanti dei lavoratori, altrimenti si rischia un irreversibile irrigidimento e una escalation dello stato di agitazione che di fatto si è generato tra i lavoratori.